mercoledì 27 luglio 2016

Viaggio Apostolico in Polonia: Saluto del Santo Padre ai giornalisti durante il volo verso la Polonia (Volo Papale, 27 luglio 2016) | Francesco


Viaggio Apostolico in Polonia: Saluto del Santo Padre ai giornalisti durante il volo verso la Polonia (Volo Papale, 27 luglio 2016) | Francesco

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
(27-31 LUGLIO 2016)

SALUTO DEL SANTO PADRE AI GIORNALISTI
DURANTE IL VOLO ROMA-
CRACOVIA

Volo Papale
Mercoledì, 27 luglio 2016

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Padre Lombardi:

Allora, Santo Padre, benvenuto tra noi. Grazie di prendere anche in questo viaggio un po' di tempo per salutarci e stare con noi. Noi siamo, come al solito, più di 70 da 15 Paesi diversi e speriamo di fare un buon servizio per diffondere le Sue parole e il Suo messaggio in queste giornate così importanti.

Siamo in giornate che ci emozionano tutti, come sappiamo, per quello che sta succedendo nel mondo, per quello che è successo ieri; e allora saremmo anche grati se, prima di salutarci personalmente, ci dicesse una parola su come Lei vive questo momento e come si appresta a incontrare i giovani del mondo in questa situazione. Grazie, Santo Padre.

Papa Francesco:

Buongiorno, e grazie per il vostro lavoro.

Una parola che – su questo che diceva padre Lombardi – si ripete tanto è "insicurezza". Ma la vera parola è "guerra". Da tempo diciamo: "il mondo è in guerra a pezzi". Questa è guerra. C'era quella del '14, con i suoi metodi; poi quella del '39 – '45, un'altra grande guerra nel mondo; e adesso è questa. Non è tanto organica, forse; organizzata, sì, ma organica… dico… Ma è guerra. Questo santo sacerdote, che è morto proprio nel momento in cui offriva la preghiera per tutta la Chiesa, è uno; ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini… Pensiamo alla Nigeria, per esempio. "Ma quella è l'Africa…". E' guerra. Non abbiamo paura di dire questa verità: il mondo è in guerra, perché ha perso la pace.

Grazie tante del vostro lavoro in questa Giornata della Gioventù. La gioventù sempre ci dice speranza. Speriamo che i giovani ci dicano qualcosa che ci dia un po' più di speranza, in questo momento.

Per il fatto di ieri io vorrei anche ringraziare tutti quelli che si sono fatti vivi con le condoglianze, in modo speciale il Presidente della Francia, che ha voluto collegarsi con me telefonicamente, come un fratello. Lo ringrazio.

Grazie.

Padre Lombardi:

Grazie, Santo Padre. Stia sicuro che anche noi cercheremo di lavorare con Lei per la pace, in questi giorni.

Papa Francesco:

Una sola parola vorrei dire per chiarire. Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C'è guerra di interessi, c'è guerra per i soldi, c'è guerra per le risorse della natura, c'è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: "Sta parlando di guerra di religione". No. Tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra, la vogliono gli altri. Capito?

venerdì 17 giugno 2016

Ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (17 giugno 2016) | Francesco

"Chiesa in uscita – laicato in uscita". Anche voi, dunque, alzate lo sguardo e guardate "fuori", guardate ai molti "lontani" del nostro mondo

Ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (17 giugno 2016) | Francesco

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

Sala Clementina
Venerdì, 17 giugno 2016

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Cari fratelli e sorelle,

io non vorrei che queste parole fossero la "valedictio" al Dicastero, il congedo, ma che fossero proprio parole di ringraziamento per tutto il lavoro fatto.

Vi accolgo in occasione della vostra Assemblea Plenaria; vi saluto tutti cordialmente e ringrazio il Cardinale Presidente per le sue cortesi parole. Questo vostro incontro riveste un carattere speciale, dal momento che, come ho già avuto modo di annunciare, il vostro Pontificio Consiglio assumerà una nuova fisionomia. Si tratta della conclusione di una tappa importante e dell'apertura di una nuova per il Dicastero della Curia Romana che ha accompagnato la vita, la maturazione e le trasformazioni del laicato cattolico dal Concilio Vaticano II ad oggi.

Pertanto, l'occasione è propizia per rivolgere uno sguardo ai quasi 50 anni di attività del Dicastero, e al tempo stesso progettare una rinnovata presenza al servizio del laicato, continuamente in fermento e attraversato da nuove problematiche. Il Pontificio Consiglio per i Laici nacque per espressa volontà del Concilio Vaticano II che, nel Decreto sull'apostolato dei laici, volle che si costituisse «presso la Santa Sede uno speciale segretariato per il servizio e l'impulso dell'apostolato dei laici», al fine di assistere «con i suoi consigli la gerarchia e i laici nelle loro opere apostoliche» (Apostolicam actuositatem, 26). E così il beato Paolo VI diede vita a questo Dicastero, che non esitò a definire «uno dei frutti migliori del Concilio Vaticano II» (Motu proprio Apostolatus peragendi [10 dicembre 1976], 697) – e lui era il "papà" della FUCI, dei giovani, dei laici; aveva lavorato tanto e sentiva tanto questo – concependolo – questo frutto – non quale organo di controllo bensì come centro di coordinamento, di studio, di consultazione, finalizzato ad «incitare i laici perché prendano parte alla vita e alla missione della Chiesa [...] sia come membri di associazioni [...] sia come singoli fedeli» (ibid.). Il Pontificio Consiglio è per incitare!

Ringraziamo dunque il Signore per gli abbondanti frutti e per le numerose sfide di questi anni. Possiamo ricordare, ad esempio, la nuova stagione aggregativa che, accanto alle associazioni laicali di lunga e meritevole storia, ha visto sorgere tanti movimenti e nuove comunità di grande slancio missionario; movimenti da voi seguiti nel loro sviluppo, accompagnati con premura, e assistiti nella delicata fase del riconoscimento giuridico dei loro statuti. E poi la comparsa dei nuovi ministeri laicali, ai quali sono state affidate non poche attività apostoliche. Inoltre, c'è da sottolineare il crescente ruolo della donna nella Chiesa, con la sua presenza, la sua sensibilità e i suoi doni. E infine la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù, gesto provvidenziale di san Giovanni Paolo II, strumento di evangelizzazione delle nuove generazioni da voi curato con particolare impegno.

Possiamo dire, perciò, che il mandato che avete ricevuto dal Concilio è stato proprio quello di "spingere" i fedeli laici a coinvolgersi sempre più e meglio nella missione evangelizzatrice della Chiesa, non per "delega" della gerarchia, ma in quanto il loro apostolato «è partecipazione alla missione salvifica della Chiesa, alla quale sono tutti deputati dal Signore per mezzo del battesimo e della confermazione» (Cost. dogm. Lumen gentium, 33). E questa è la porta d'entrata! Alla Chiesa si entra per il Battesimo, non per l'ordinazione sacerdotale o episcopale, si entra per il Battesimo! E tutti siamo entrati attraverso la stessa porta. È il Battesimo che fa di ogni fedele laico un discepolo missionario del Signore, sale della terra, luce del mondo, lievito che trasforma la realtà dal di dentro.

Le attività della Chiesa, come quelle a cui abbiamo accennato, si rivolgono sempre a volti, menti, cuori di persone concrete. Ed è importante che nella vostra Plenaria abbiate voluto ricordare tutti coloro che si sono spesi con passione ed impegno nell'animazione, nella promozione e nel coordinamento della vita e dell'apostolato dei laici negli anni passati. Anzitutto i vari Presidenti che si sono succeduti; poi i tanti Membri e Consultori, fra i quali ci fu lo stesso Karol Wojtyła, che seguì con interesse e lungimiranza questo Dicastero fin dai suoi primi passi; e poi i tanti laici che vi hanno lavorato con generosità e competenza, e molti altri che hanno operato nel silenzio in favore del laicato cattolico.

Alla luce di questo cammino percorso, è tempo di guardare nuovamente con speranza al futuro. Molto resta ancora da fare allargando gli orizzonti e raccogliendo le nuove sfide che la realtà ci presenta. È da qui che nasce il progetto di riforma della Curia, in particolare dell'accorpamento del vostro Dicastero con il Pontificio Consiglio per la Famiglia in connessione con l'Accademia per la Vita. Vi invito perciò ad accogliere questa riforma, che vi vedrà coinvolti, come segno di valorizzazione e di stima per il lavoro che svolgete e come segno di rinnovata fiducia nella vocazione e missione dei laici nella Chiesa di oggi. Il nuovo Dicastero che nascerà avrà come "timone" per proseguire nella sua navigazione, da un lato la Christifideles laici e dall'altro la Evangelii gaudium e la Amoris laetitia, avendo come campi privilegiati di lavoro la famiglia e la difesa della vita.

In questo particolare momento storico, e nel contesto del Giubileo della Misericordia, la Chiesa è chiamata a prendere sempre più coscienza di essere «la casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» e peccatrice (Esort. ap. Evangelii gaudium, 47); di essere Chiesa in permanente uscita, «comunità evangelizzatrice [...] che sa prendere l'iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi» (ibid., 24). Vorrei proporvi, come orizzonte di riferimento per il vostro immediato futuro, un binomio che si potrebbe formulare così: "Chiesa in uscita – laicato in uscita". Anche voi, dunque, alzate lo sguardo e guardate "fuori", guardate ai molti "lontani" del nostro mondo, alle tante famiglie in difficoltà e bisognose di misericordia, ai tanti campi di apostolato ancora inesplorati, ai numerosi laici dal cuore buono e generoso che volentieri metterebbero a servizio del Vangelo le loro energie, il loro tempo, le loro capacità se fossero coinvolti, valorizzati e accompagnati con affetto e dedizione da parte dei pastori e delle istituzioni ecclesiastiche. Abbiamo bisogno di laici ben formati, animati da una fede schietta e limpida, la cui vita è stata toccata dall'incontro personale e misericordioso con l'amore di Cristo Gesù. Abbiamo bisogno di laici che rischino, che si sporchino le mani, che non abbiano paura di sbagliare, che vadano avanti. Abbiamo bisogno di laici con visione del futuro, non chiusi nelle piccolezze della vita. E l'ho detto ai giovani: abbiamo bisogno di laici col sapore di esperienza della vita, che osano sognare. Oggi è il momento in cui i giovani hanno bisogno dei sogni degli anziani. In questa cultura dello scarto non abituiamoci a scartare gli anziani! Spingiamoli, spingiamoli affinché sognino e – come dice il profeta Gioele – "abbiano sogni", quella capacità di sognare, e diano a tutti noi la forza di nuove visioni apostoliche.

Ringrazio tutti voi, cari fratelli Membri e Consultori, per il lavoro svolto a servizio di questo Dicastero, e vi incoraggio ad aprirvi con docilità e umiltà alle novità di Dio, che ci sorprendono e ci superano, ma mai ci deludono, così come fece Maria, nostra madre e maestra nella fede. Di cuore imparto a tutti voi e ai vostri cari la mia Benedizione. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

domenica 20 marzo 2016

Domenica delle Palme - XXXI Giornata Mondiale della Gioventù (20 marzo 2016) | Francesco

Gesù prova sulla sua pelle anche l'indifferenza, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità del suo destino. E penso a tanta gente, a tanti emarginati, a tanti profughi, a tanti rifugiati, a coloro dei quali molti non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino. 

Domenica delle Palme - XXXI Giornata Mondiale della Gioventù (20 marzo 2016) | Francesco

CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME
E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
XXXI Giornata Mondiale della Gioventù
Domenica, 20 marzo 2016

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«Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (cfr Lc 19,38), gridava festante la folla di Gerusalemme accogliendo Gesù. Abbiamo fatto nostro quell'entusiasmo: agitando le palme e i rami di ulivo abbiamo espresso la lode e la gioia, il desiderio di ricevere Gesù che viene a noi. Sì, come è entrato a Gerusalemme, Egli desidera entrare nelle nostre città e nelle nostre vite. Come fece nel Vangelo, cavalcando un asino, viene a noi umilmente, ma viene «nel nome del Signore»: con la potenza del suo amore divino perdona i nostri peccati e ci riconcilia col Padre e con noi stessi.

Gesù è contento della manifestazione popolare di affetto della gente, e quando i farisei lo invitano a far tacere i bambini e gli altri che lo acclamano risponde: «Se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,40). Niente poté fermare l'entusiasmo per l'ingresso di Gesù; niente ci impedisca di trovare in Lui la fonte della nostra gioia, la gioia vera, che rimane e dà la pace; perché solo Gesù ci salva dai lacci del peccato, della morte, della paura e della tristezza.

Ma la Liturgia di oggi ci insegna che il Signore non ci ha salvati con un ingresso trionfale o mediante potenti miracoli. L'apostolo Paolo, nella seconda Lettura, sintetizza con due verbi il percorso della redenzione: «svuotò» e «umiliò» sé stesso (Fil 2,7.8). Questi due verbi ci dicono fino a quale estremo è giunto l'amore di Dio per noi. Gesù svuotò sé stesso: rinunciò alla gloria di Figlio di Dio e divenne Figlio dell'uomo, per essere in tutto solidale con noi peccatori, Lui che è senza peccato. Non solo: ha vissuto tra noi in una «condizione di servo» (v. 7): non di re, né di principe, ma di servo. Quindi si è umiliato, e l'abisso della sua umiliazione, che la Settimana Santa ci mostra, sembra non avere fondo.

Il primo gesto di questo amore «sino alla fine» (Gv 13,1) è la lavanda dei piedi. «Il Signore e il Maestro» (Gv 13,14) si abbassa fino ai piedi dei discepoli, come solo i servi facevano. Ci ha mostrato con l'esempio che noi abbiamo bisogno di essere raggiunti dal suo amore, che si china su di noi; non possiamo farne a meno, non possiamo amare senza farci prima amare da Lui, senza sperimentare la sua sorprendente tenerezza e senza accettare che l'amore vero consiste nel servizio concreto.

Ma questo è solo l'inizio. L'umiliazione che Gesù subisce si fa estrema nella Passione: viene venduto per trenta denari e tradito con un bacio da un discepolo che aveva scelto e chiamato amico. Quasi tutti gli altri fuggono e lo abbandonano; Pietro lo rinnega tre volte nel cortile del tempio. Umiliato nell'animo con scherni, insulti e sputi, patisce nel corpo violenze atroci: le percosse, i flagelli e la corona di spine rendono il suo aspetto irriconoscibile. Subisce anche l'infamia e la condanna iniqua delle autorità, religiose e politiche: è fatto peccato e riconosciuto ingiusto. Pilato, poi, lo invia da Erode e questi lo rimanda dal governatore romano: mentre gli viene negata ogni giustizia, Gesù prova sulla sua pelle anche l'indifferenza, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità del suo destino. E penso a tanta gente, a tanti emarginati, a tanti profughi, a tanti rifugiati, a coloro dei quali molti non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino. La folla, che poco prima lo aveva acclamato, trasforma le lodi in un grido di accusa, preferendo persino che al suo posto venga liberato un omicida. Giunge così alla morte di croce, quella più dolorosa e infamante, riservata ai traditori, agli schiavi, ai peggiori criminali. La solitudine, la diffamazione e il dolore non sono ancora il culmine della sua spogliazione. Per essere in tutto solidale con noi, sulla croce sperimenta anche il misterioso abbandono del Padre. Nell'abbandono, però, prega e si affida: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Appeso al patibolo, oltre alla derisione, affronta l'ultima tentazione: la provocazione a scendere dalla croce, a vincere il male con la forza e a mostrare il volto di un dio potente e invincibile. Gesù invece, proprio qui, all'apice dell'annientamento, rivela il volto vero di Dio, che è misericordia. Perdona i suoi crocifissori, apre le porte del paradiso al ladrone pentito e tocca il cuore del centurione. Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell'Amore che lo ha attraversato, giungendo fino al sepolcro e agli inferi, assumendo tutto il nostro dolore per redimerlo, portando luce nelle tenebre, vita nella morte, amore nell'odio.

Può sembrarci tanto distante il modo di agire di Dio, che si è annientato per noi, mentre a noi pare difficile persino dimenticarci un poco di noi. Egli viene a salvarci; siamo chiamati a scegliere la sua via: la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé. Possiamo incamminarci su questa via soffermandoci in questi giorni a guardare il Crocifisso, è la "cattedra di Dio". Vi invito in questa settimana a guardare spesso questa "cattedra di Dio", per imparare l'amore umile, che salva e dà la vita, per rinunciare all'egoismo, alla ricerca del potere e della fama. Con la sua umiliazione, Gesù ci invita a camminare sulla sua strada. Rivolgiamo lo sguardo a Lui, chiediamo la grazia di capire almeno qualcosa di questo mistero del suo annientamento per noi; e così, in silenzio, contempliamo il mistero di questa Settimana. 

mercoledì 10 febbraio 2016

Audiomessaggio del Santo Padre per l’iniziativa “KeepLent” del Servizio per la Pastorale Giovanile della Prelatura di Pompei (10 febbraio 2016) | Francesco

Gesù ci chiede di fare il bene perché è bene. Ci chiede di sentirci sempre sotto lo sguardo del Padre celeste e di vivere in rapporto a Lui, non in rapporto al giudizio degli altri.

Audiomessaggio del Santo Padre per l'iniziativa "KeepLent" del Servizio per la Pastorale Giovanile della Prelatura di Pompei (10 febbraio 2016) | Francesco

AUDIOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER L'INIZIATIVA "KEEPLENT"
DEL SERVIZIO PER LA PASTORALE GIOVANILE DELLA PRELATURA DI POMPEI

Mercoledì delle Ceneri
10 febbraio 2016

Cari ragazzi,

Gesù disse ai suoi discepoli "State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro" ... "Quando fai l'elemosina non suonare la tromba davanti a te" ... "Il Padre tuo, che vede nel segreto ti ricompenserà".

La parola di Dio ci da il giusto orientamento per vivere bene la Quaresima.

Quando facciamo qualcosa di bene, a volte siamo tentati di essere apprezzati e di avere una ricompensa: la gloria umana. Ma si tratta di una ricompensa falsa perché ci proietta verso quello che gli altri pensano di noi.

Gesù ci chiede di fare il bene perché è bene. Ci chiede di sentirci sempre sotto lo sguardo del Padre celeste e di vivere in rapporto a Lui, non in rapporto al giudizio degli altri.

Vivere alla presenza del Padre è una gioia molto più profonda di una gloria mondana.

Il nostro atteggiamento in questa Quaresima sia dunque di vivere nel segreto dove il Padre ci vede, ci ama, ci aspetta. Certo, anche le cose esteriori sono importanti, ma dobbiamo sempre scegliere e vivere alla presenza di Dio.

Facciamo nella preghiera, nella mortificazione, e nella carità fraterna quello che possiamo, umilmente, davanti a Dio. Così saremo degni della ricompensa di Dio Padre.

Buona Quaresima, la Madonna di Pompei vi accompagni e, per favore, pregate per me.