giovedì 1 dicembre 2011

Amici, il Papa ieri ha iniziato ad insegnarci come pregava Gesù .Penso che imparare questo non sia assolutamente da trascurare!

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 30 novembre 2011

[Video]

La preghiera attraversa tutta la vita di Gesù

Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime catechesi abbiamo riflettuto su alcuni esempi di preghiera nell'Antico Testamento, oggi vorrei iniziare a guardare a Gesù, alla sua preghiera, che attraversa tutta la sua vita, come un canale segreto che irriga l'esistenza, le relazioni, i gesti e che lo guida, con progressiva fermezza, al dono totale di sé, secondo il progetto di amore di Dio Padre. Gesù è il maestro anche delle nostre preghiere, anzi Egli è il sostegno attivo e fraterno di ogni nostro rivolgerci al Padre. Davvero, come sintetizza un titolo del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, «la preghiera è pienamente rivelata ed attuata in Gesù» (541-547). A Lui vogliamo guardare nelle prossime catechesi.

Un momento particolarmente significativo di questo suo cammino è la preghiera che segue il battesimo a cui si sottopone nel fiume Giordano. L'Evangelista Luca annota che Gesù, dopo aver ricevuto, insieme a tutto il popolo, il battesimo per mano di Giovanni il Battista, entra in una preghiera personalissima e prolungata: «Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo» (Lc 3,21-22). Proprio questo «stare in preghiera», in dialogo con il Padre illumina l'azione che ha compiuto insieme a tanti del suo popolo, accorsi alla riva del Giordano. Pregando, Egli dona a questo suo gesto, del battesimo, un tratto esclusivo e personale.

Il Battista aveva rivolto un forte appello a vivere veramente come «figli di Abramo», convertendosi al bene e compiendo frutti degni di tale cambiamento (cfr Lc 3,7-9). E un gran numero di Israeliti si era mosso, come ricorda l'Evangelista Marco, che scrive: «Accorrevano… [a Giovanni] tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (Mc 1,5). Il Battista portava qualcosa di realmente nuovo: sottoporsi al battesimo doveva segnare una svolta determinante, lasciare una condotta legata al peccato ed iniziare una vita nuova. Anche Gesù accoglie questo invito, entra nella grigia moltitudine dei peccatori che attendono sulla riva del Giordano. Ma, come ai primi cristiani, anche in noi sorge la domanda: perché Gesù si sottopone volontariamente a questo battesimo di penitenza e di conversione? Non ha da confessare peccati, non aveva peccati, quindi anche non aveva bisogno di convertirsi. Perché allora questo gesto? L'Evangelista Matteo riporta lo stupore del Battista che afferma: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» (Mt 3,14) e la risposta di Gesù: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (v. 15). Il senso della parola «giustizia» nel mondo biblico è accettare pienamente la volontà di Dio. Gesù mostra la sua vicinanza a quella parte del suo popolo che, seguendo il Battista, riconosce insufficiente il semplice considerarsi figli di Abramo, ma vuole compiere la volontà di Dio, vuole impegnarsi perché il proprio comportamento sia una risposta fedele all'alleanza offerta da Dio in Abramo. Discendendo allora nel fiume Giordano, Gesù, senza peccato, rende visibile la sua solidarietà con coloro che riconoscono i propri peccati, scelgono di pentirsi e di cambiare vita; fa comprendere che essere parte del popolo di Dio vuol dire entrare in un'ottica di novità di vita, di vita secondo Dio.

In questo gesto Gesù anticipa la croce, dà inizio alla sua attività prendendo il posto dei peccatori, assumendo sulle sue spalle il peso della colpa dell'intera umanità, adempiendo la volontà del Padre. Raccogliendosi in preghiera, Gesù mostra l'intimo legame con il Padre che è nei Cieli, sperimenta la sua paternità, coglie la bellezza esigente del suo amore, e nel colloquio con il Padre riceve la conferma della sua missione. Nelle parole che risuonano dal Cielo (cfr Lc 3,22) vi è il rimando anticipato al mistero pasquale, alla croce e alla risurrezione. La voce divina lo definisce «Il Figlio mio, l'amato», richiamando Isacco, l'amatissimo figlio che il padre Abramo era disposto a sacrificare, secondo il comando di Dio (cfr Gen 22,1-14). Gesù non è solo il Figlio di Davide discendente messianico regale, o il Servo di cui Dio si compiace, ma è anche il Figlio unigenito, l'amato, simile a Isacco, che Dio Padre dona per la salvezza del mondo. Nel momento in cui, attraverso la preghiera, Gesù vive in profondità la propria figliolanza e l'esperienza della paternità di Dio (cfr Lc 3,22b), discende lo Spirito Santo (cfr Lc 3,22a), che lo guida nella sua missione e che Egli effonderà dopo essere stato innalzato sulla croce (cfr Gv 1,32-34; 7,37-39), perché illumini l'opera della Chiesa. Nella preghiera, Gesù vive un ininterrotto contatto con il Padre per realizzare fino in fondo il progetto di amore per gli uomini.

Sullo sfondo di questa straordinaria preghiera sta l'intera esistenza di Gesù vissuta in una famiglia profondamente legata alla tradizione religiosa del popolo di Israele. Lo mostrano i riferimenti che troviamo nei Vangeli: la sua circoncisione (cfr Lc 2,21) e la sua presentazione al tempio (cfr Lc 2,22-24), come pure l'educazione e la formazione a Nazaret, nella santa casa (cfr Lc 2,39-40 e 2,51-52). Si tratta di «circa trent'anni» (Lc 3,23), un tempo lungo di vita nascosta e feriale, anche se con esperienze di partecipazione a momenti di espressione religiosa comunitaria, come i pellegrinaggi a Gerusalemme (cfr Lc 2,41). Narrandoci l'episodio di Gesù dodicenne nel tempio, seduto in mezzo ai maestri (cfr Lc 2,42-52), l'evangelista Luca lascia intravedere come Gesù, che prega dopo il battesimo al Giordano, ha una lunga abitudine di orazione intima con Dio Padre, radicata nelle tradizioni, nello stile della sua famiglia, nelle esperienze decisive in essa vissute. La risposta del dodicenne a Maria e Giuseppe indica già quella filiazione divina, che la voce celeste manifesta dopo il battesimo: «Perché mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Uscito dalle acque del Giordano, Gesù non inaugura la sua preghiera, ma continua il suo rapporto costante, abituale con il Padre; ed è in questa unione intima con Lui che compie il passaggio dalla vita nascosta di Nazaret al suo ministero pubblico.

L'insegnamento di Gesù sulla preghiera viene certo dal suo modo di pregare acquisito in famiglia, ma ha la sua origine profonda ed essenziale nel suo essere il Figlio di Dio, nel suo rapporto unico con Dio Padre. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica risponde alla domanda: Da chi Gesù ha imparato a pregare?, così: «Gesù, secondo il suo cuore di uomo, ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente più segreta, poiché è il Figlio eterno di Dio che, nella sua santa umanità, rivolge a suo Padre la preghiera filiale perfetta» (541).

Nella narrazione evangelica, le ambientazioni della preghiera di Gesù si collocano sempre all'incrocio tra l'inserimento nella tradizione del suo popolo e la novità di una relazione personale unica con Dio. «Il luogo deserto» (cfr Mc 1,35; Lc 5,16) in cui spesso si ritira, «il monte» dove sale a pregare (cfr Lc 6,12; 9,28), «la notte» che gli permette la solitudine (cfr Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12) richiamano momenti del cammino della rivelazione di Dio nell'Antico Testamento, indicando la continuità del suo progetto salvifico. Ma al tempo stesso, segnano momenti di particolare importanza per Gesù, che consapevolmente si inserisce in questo piano, fedele pienamente alla volontà del Padre.

Anche nella nostra preghiera noi dobbiamo imparare, sempre di più, ad entrare in questa storia di salvezza di cui Gesù è il vertice, rinnovare davanti a Dio la nostra decisione personale di aprirci alla sua volontà, chiedere a Lui la forza di conformare la nostra volontà alla sua, in tutta la nostra vita, in obbedienza al suo progetto di amore per di noi.

La preghiera di Gesù tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte. L'Evangelista Marco racconta una di queste notti, dopo la pesante giornata della moltiplicazione dei pani e scrive: «E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra» (Mc 6,45-47). Quando le decisioni si fanno urgenti e complesse, la sua preghiera diventa più prolungata e intensa. Nell'imminenza della scelta dei Dodici Apostoli, ad esempio, Luca sottolinea la durata notturna della preghiera preparatoria di Gesù: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (Lc 6,12-13).

Guardando alla preghiera di Gesù, deve sorgere in noi una domanda: come prego io? come preghiamo noi? Quale tempo dedico al rapporto con Dio? Si fa oggi una sufficiente educazione e formazione alla preghiera? E chi può esserne maestro? Nell'Esortazione apostolica Verbum Domini ho parlato dell'importanza della lettura orante della Sacra Scrittura. Raccogliendo quanto emerso nell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ho posto un accento particolare sulla forma specifica della lectio divina. Ascoltare, meditare, tacere davanti al Signore che parla è un'arte, che si impara praticandola con costanza. Certamente la preghiera è un dono, che chiede, tuttavia, di essere accolto; è opera di Dio, ma esige impegno e continuità da parte nostra; soprattutto, la continuità e la costanza sono importanti. Proprio l'esperienza esemplare di Gesù mostra che la sua preghiera, animata dalla paternità di Dio e dalla comunione dello Spirito, si è approfondita in un prolungato e fedele esercizio, fino al Giardino degli Ulivi e alla Croce. Oggi i cristiani sono chiamati a essere testimoni di preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso all'orizzonte divino e alla speranza che porta l'incontro con Dio. Nell'amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio. Anzi, nel percorrere la via della preghiera, senza riguardo umano, possiamo aiutare altri a percorrerla: anche per la preghiera cristiana è vero che, camminando, si aprono cammini.

Cari fratelli e sorelle, educhiamoci ad un rapporto con Dio intenso, ad una preghiera che non sia saltuaria, ma costante, piena di fiducia, capace di illuminare la nostra vita, come ci insegna Gesù. E chiediamo a Lui di poter comunicare alle persone che ci stanno vicino, a coloro che incontriamo sulla nostra strada, la gioia dell'incontro con il Signore, luce per la nostra l'esistenza. Grazie.


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Anche quella di Socci una interpretazione che va al fondo della crisi .



La causa del possibile crollo e perché può salvarci il Papa…

27 NOVEMBRE 2011 / IN NEWS

Dove sono finiti tutti i mistici dell'euro – economisti, giornalisti, politici, intellettuali – che dieci anni fa imperversavano su tutti i pulpiti per decantare le virtù taumaturgiche della moneta unica e "le magnifiche sorti e progressive" dell'Italia nell'euro?

Sarebbe interessante pure andarsi a rileggere gli scritti dell'attuale premier e dei tecnici che compongono la sua squadra di governo chiamata a evitare il disastro.

Io spero che ce la facciano, ma non ricordo che, a quel tempo, ci abbiano messo in guardia sull'euro. Anzi…

E dov'è finito il centrosinistra dei Ciampi, dei Prodi, dei D'Alema, degli Amato che da anni rivendica come proprio merito storico "l'aver portato l'Italia nell'euro"?

I post-comunisti per far dimenticare di essere stati antieuropei col Pci, quando si doveva essere europeisti, vollero primeggiare nello zelo sulla moneta unica sulla quale invece bisognava essere dubbiosi. Riuscendo così a sbagliare due volte.

D'altra parte la "religione dell'euro" non ammetteva dissidenti. Era un'ortodossia ferrea che rendeva obbligatorio cantare nel coro.

Dogma imposto

L'anticonformismo era considerato boicottaggio. Ricordate come venivano trattati da trogloditi o da reazionari provinciali i pochissimi che avevano l'ardire di esprimere dubbi sull'operazione euro?  

Antonio Martino – per esempio – veniva giudicato un bizzarro mattocchio, un isolato. Il governatore di Bankitalia Antonio Fazio, per i suoi dubbi, era considerato uno che remava contro.

Eppure c'erano fior di paesi europei – come la Gran Bretagna – che nell'euro preferirono non entrare. Quindi i dubbi erano più che fondati. Ma in Italia non avevano neanche diritto di cittadinanza.

Gli italiani non hanno nemmeno potuto esprimersi con un voto. L'euro infatti era un dogma di fede e i dogmi non si discutono.

I cittadini italiani così hanno dovuto subire senza discutere una serie di stangate finalizzate alla moneta unica, un cambio lira/euro penalizzante, un micidiale raddoppio dei prezzi che li ha impoveriti tutti, la fine della crescita dell'economia nazionale (con annessa disoccupazione giovanile), il ribaltamento dall'attivo al passivo della bilancia dei pagamenti e – come premio per questo bagno di sangue – adesso addirittura la prospettiva infernale del fallimento (quando invece era stato promesso il paradiso). 

Complimenti! Chi dobbiamo ringraziare? E' vero che l'Italia non è stata virtuosa come doveva e questo è grave. Ma ormai è chiaro che il tema non è il crollo dell'Italia, ma quello dell'Europa dell'euro.

Per questo oggi l'operazione moneta unica, la follia costruttivista di imporre dal nulla una moneta inventata ai nostri popoli, è figlia di nessuno.

Di chi la colpa?

Sugli stessi giornali su cui ieri si alzavano inni all'euro, oggi tutti ammettono che è un'assurdità il creare una moneta senza avere dietro uno Stato, senza una banca nazionale, senza un governo federale, con politiche fiscali e monetarie contrapposte e senza nemmeno una lingua comune.

In effetti i popoli europei hanno una sola cosa in comune, il cristianesimo, ma le élite che hanno creato l'euro hanno visto bene di cancellare ogni riferimento ad esso in quel delirio che è la Costituzione europea: la moneta unica doveva soppiantare superbamente anche Dio, la storia e la cultura.

Ma, dicevo, oggi a quanto pare l'euro è figlio di nessuno. Ai pochi audaci che allora chiamavano "neuro" la nuova moneta, prendendosi il disprezzo delle caste dominanti, nessuno riconosce di aver avuto ragione. E nessuno fa autocritica.

Invita a farla, invece, un leale articolo di Guido Tabellini, rettore della Bocconi, che sul Sole 24 ore ha scritto: "Bisogna ammettere che abbiamo sbagliato". Ma i politici che dicono?

D'altronde occorre riconoscere che i politici italiani sono stati solo – come sempre – truppe di complemento. La vera causa del disastro euro è il secolare e devastante conflitto fra Francia e Germania per l'egemonia sul continente europeo.

Infatti la moneta unica nacque come condizione della Francia di Mitterrand alla Germania di Kohl, per dare l'avallo all'unificazione. Se i tedeschi rinunciavano al marco, i francesi si illudevano di egemonizzare l'area euro.

In realtà i tedeschi posero tali condizioni capestro sulla moneta unica a tutti gli altri paesi che invece di europeizzare la Germania si è germanizzata l'Europa.

Cosicché oggi il leader tedesco Volker Kauder può proclamare: "finalmente l'Europa parla tedesco". E' un'esultanza miope, che non vede il baratro in cui l'inflessibilità germanica ci sta portando.

E non si venga a dire – come fa la Merkel – che le virtuose formiche tedesche non vogliono pagare i debiti delle irresponsabili cicale latine.

Perché il rigore del patto di stabilità che i tedeschi pretendono di applicare agli altri (insieme ai francesi) non lo applicano a se stessi: nel 2003 infatti sono stati proprio Germania e Francia a sforare sul disavanzo. Pretendendo che nessuno eccepisse.

Così come la Bundesbank è andata a comprare i bund invenduti alla recente asta, mentre proibisce che la Bce faccia altrettanto. Per gli altri le leggi si applicano, per se stessi si interpretano.

E' così che l'euro si è risolto in un colossale affare per la Germania e in un disastro per tutti gli altri.

Napoleone e Hitler

Il fatto è che l'operazione euro è nata male. E' nata infatti come ennesimo braccio di ferro fra Francia e Germania, come una prosecuzione della loro guerra con altri mezzi.

E' da secoli che i due contendenti si combattono. Si potrebbero trovare le radici più antiche addirittura nella divisione del Sacro Romano Impero, col trattato di Verdun dell'843.

Ma è soprattutto dal XVI secolo che francesi e germanici si contendono l'impero e inseguono lo stesso ambizioso sogno: trasformare l'Europa in un proprio impero.

Nei tempi moderni ci provò Napoleone e poi ci ha riprovato Hitler. L'esito è stato la devastazione dell'Europa in entrambi i casi.

A questo ciclo di guerre durato almeno 400 anni – che chiamerei "le guerre d'irreligione", perché sono conseguenti alla distruzione della koiné cattolica europea – vollero mettere fine, dopo il 1945, tre statisti, che non a caso erano cattolici praticanti, cioè Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman.

La Chiesa è la salvezza

Da loro nacque il pacifico progetto di unificazione europea, che in nome delle radici cristiane del continente, unico vero cemento dei nostri popoli, pose fine alle guerre imperiali franco-tedesche.

L'operazione euro invece va esattamente nella direzione opposta. Nasce dal rinnegamento di questa identità cristiana dell'Europa e segna la ripresa dell'ostilità fra Francia e Germania.

Sembra addirittura una replica della storia. Infatti la guerra della Francia alla Prussia del 1870, paradossalmente portò all'unione della Germania, così la guerra monetaria della Francia al marco, di venti anni fa, ha portato a un'Europa germanizzata. Complimenti ai galletti di Parigi.

Anche oggi come allora la ripresa della guerra franco-tedesca può portare solo alla catastrofe dell'Europa. A meno di un rinsavimento generale sull'orlo dell'abisso.

Forse l'unica voce che oggi potrebbe energicamente richiamare tutte le élite di governo (a partire da quella tedesca) al senso di responsabilità è quella del Papa, vero custode dello spirito europeo.

La sua intelligenza cristiana della storia ci può salvare perché il papa è un tedesco che ha meditato sulla tragedia in cui la Germania ha trascinato l'Europa nel 1939.

Benedetto XVI sa bene e insegna da anni che a produrre il nazismo non fu l'inflazione della repubblica di Weimar, come pensano la Merkel e la Bundesbank, ma fu una malattia spirituale e culturale che aveva radici più antiche e perverse.

E' da quelle che occorre guardarsi, non dall'inflazione. Oggi la solidarietà fra tutti i paesi è la salvezza dell'Europa.

Il grande Adenauer diceva: "Signore, tu che hai posto un limite all'intelligenza dell'uomo, ponilo anche alla sua idiozia". Vale per tutti.

Antonio Socci

Da "Libero", 27 novembre 2011

J

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Dal sito Stranocristiano.it

aderiamo alla lettera

novembre 20th, 2011 Posted in Uncategorized | Commenti disabilitati

Il Corriere della Sera, con una campagna accanita e quotidiana, ha contribuito in modo decisivo alla distruzione dell'immagine personale di Berlusconi, e insieme alla caduta del suo governo.

E infatti adesso, fra editorialisti e banchieri proprietari, gran parte del governo "tecnico" è di area Corriere, a partire dal premier.

Ha quindi bisogno, il Corriere, di far vedere che non è poi così vorace, e oggi ha pubblicato una lettera di protesta da parte di un gruppo di persone. Nient'altro che uno specchietto per le allodole, sia chiaro, ma sempre meglio di niente.

Il testo della lettera è ottimo, ed io ho scritto al Corriere per aderire.

Facciamolo tutti: facciamo circolare la lettera e raccogliamo le adesioni!

Scriviamo a lettere@corriere.it,sromano@corriere.it

Di seguito il testo:

Governo: il passaggio di consegne (da Il Corriere della Sera 20.11.2011)

Quello che è successo e succede in Italia sembra paradossalmente ricalcare quello che è accaduto in Libia.

Un Paese extraeuropeo, con un dittatore intollerante e spregiudicato, in seguito ad alcuni disordini che, a paragone di quelli avvenuti in Siria, facevano ridere, è stato spietatamente bombardato e invaso dalle "forze democratiche Nato" alla conquista di petrolio e gas.

L'intervento è stato accoratamente invocato dal presidente Napolitano che non poteva rimanere sordo al grido di dolore.

Non potremo mai dimenticare le immagini della fine orrenda di Gheddafi, bombardato fino all'ultimo da Usa e Francia e poi volutamente lasciato nelle mani di quei macellai.

Nello stesso modo, non potendo l'Italia essere bombardata dalla UE e dagli Usa (anche perché non abbiamo petrolio o gas), lo spauracchio dellospread (ma perché non lo chiamiamo differenziale?) sui Btp è stato usato dalla Banca centrale europea e soprattutto dall'inquietante sodalizio Merkel-Sarkozy per eliminare l'altro oppositore: Berlusconi e il suo governo che si erano permessi di avere una politica estera personale con Bush, Putin e Gheddafi (la scelta del nuovo ministro degli Esteri dimostra tutto lo spasmodico desiderio di compiacere Obama che non ne ha azzeccata una fino ad ora). La Deutsche Bank per prima ha dato inizio all'operazione e via di seguito con gli Usa. La lettera della Bce, non condivisibile se non in minima parte dalle opposizioni, è stata sventolata a mo' di vessillo per accelerare la dismissione di questo governo.

Napolitano ha preso in mano la questione e con una celerità terrificante ha nominato il nuovo premier senza neanche aspettare le dimissioni di quello precedente, accollandoci anche la spesa di mantenerlo come senatore a vita.

Tutte le procedure costituzionali sono state azzerate, un governo democraticamente eletto mandato via sotto gli insulti dei benpensanti che in Italia, da Piazzale Loreto in poi, non mancano mai: un golpe in poche parole.

Conosciamo ora i nomi dei nuovi ministri: Corrado Passera che da mesi preparava il suo ingresso e quello di Monti al governo, altri 3 o 4 banchieri, un ammiraglio, un prefetto, uno del volontariato, le università private e pubbliche, tutti doverosamente dell'area di riferimento della sinistra, che incapace di andare al potere per meriti suoi perché impresentabile ed inefficiente, si ripresenta camuffata da tecnici.

Per noi questo è un ribaltone, non un governo tecnico; per questo motivo non pensiamo più di essere in un paese democratico: non lo pensavamo prima perché c'era una forza che remava contro il governo costituita dai magistrati che hanno un poco alla volta distrutto l'immagine di un uomo che assomma grandi capacità a una vita personale non ineccepibile che avremmo potuto anche non conoscere.

Hanno grandi responsabilità anche i giornalisti perché hanno contribuito a distruggere la nostra immagine all'estero.

Il risultato finale è questo bel governo: non crediamo che potrà fare molto e comunque non è un governo scelto dagli elettori.

E' peggiore il default finanziario o quello della democrazia?

Alberta Pertusio, Massimiliano Callori di Vignale, Marialuisa Scofone Ronga, Ingrid Scofone, Pia Dufour, Roberta Porsenna, Romano Rosazza Bertina, Paola Bernizzoni, Daniela Romani, Marinella Mordiglia, Rosanna Arbarello, Roberto Angelini, Teresa Bernizzoni, Maria Luisa Caponia.


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mercoledì 30 novembre 2011

Meditatio

Per oggi san ANDREA


Meditatio
Mt 4 "seguitemi vi faró pescatori di uomini" - il mondo come parabola
Il pescatore s. Andrea come parabola per me
La storia come parabola per me da interpretare.
Interpretazione come cammino e fatica per raggiungere la vetta del significato di ciò che accade.
Quindi interpretazione come luogo dove gioca la libertà ; dove sono io l'interprete e se non fosse così non sarebbe mia la sequela al cammino di scoperta e raggiungimento della felicità.
Tutto il mondo è parabola per essere interpretata con il codice giusto di interpretazione.
Il codice è Gesù , è Lui che ci fa vedere la nostra situazione, ce la spiega e ce la compie per quello che manca all'esigenza del nostro cuore.
La storia , i segni ,ciò che accade come segni suoi che vanno interpretati con la sua parola.

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mercoledì 16 novembre 2011

Caro Silvio Berlusconi,

Bellissima lettera ideale di Assuntina Morresi sul sito Stranocristiano.it


Caro Silvio Berlusconi,

sono una qualsiasi dei milioni dei tuoi elettori.

Ho visto le immagini di stasera: quattro scalmanati cresciuti a odio e Santoro, che non riuscendo mai a vincere le elezioni ( e chi li vota?) si sono ridotti a festeggiare le dimissioni di una persona che invece le ha vinte tante volte. Quattro scalmanati che salutano come salvatore della patria un banchiere mai votato da nessuno (Monti), indicato da un comunista mai pentito di aver sostenuto le peggiori dittature del secolo scorso (Napolitano).

Allora ho deciso di scriverti, per ringraziarti, invece, dei vent'anni di libertà che ci hai regalato.

Ti ringrazio, perché scendendo in campo nel '94 ci hai salvato dalla "gioiosa macchina da guerra" che avrebbe voluto fare dell'Italia un paese governato da alcune procure. Le stesse che ti hanno perseguitato per vent'anni, e se adesso quei poteri sembrano aver vinto, sappi che non potranno avere la meglio come sarebbe stato vent'anni fa, perché nel frattempo le tue incredibili vicende ci hanno aperto gli occhi. Non praevalebunt.

Ti ringrazio, perché ci hai liberato dagli inciuci della Prima Repubblica, e ci hai fatto vedere che noi cittadini possiamo scegliere il nostro premier, e anche la coalizione che ci governa. E se ci stanno riprovando, le stesse facce di allora, a ripetere la storia – figliocci della "parte oscura" della DC – adesso siamo consapevoli del fatto che quella non è l'unica politica possibile.

Ti ringrazio perché ci hai fatto vedere che quelli del cosiddetto salotto buono del paese – a partire dai direttori del Corriere, di Repubblica, insieme a tanti sussiegosi e vuoti editorialisti, incapaci di costruire alcunché nella loro vita, e insieme a vili servi dei potenti, assoldati come giornalisti "anticasta" (ma la loro è la vera casta) – ecco, quelli del cosiddetto salotto buono sono solo vogliosi di potere, sprezzanti del popolo, e per loro è insopportabile che gente al di fuori della loro cerchia possa avere accesso alle istituzioni.

Per questo non ti hanno mai tollerato: tu non sei mai stato asservito a loro, non sei uno di loro, non sei quello che ha le parole giuste, le amicizie giuste, i vestiti giusti, i modi giusti, insomma, tutto giusto al posto giusto. Tu parli come uno di noi, e, paradossalmente, pur immensamente ricco, sei uno di noi. Per questo non ti tollerano.

Ti ringrazio perché hai cercato di salvare Eluana Englaro, con un coraggio che pure certi illustri prelati se lo sognano. Chi salva una vita, o cerca di salvarla, salva il mondo intero, e Dio te ne renderà merito. Solo tu avresti potuto farlo, quel tentativo disperato, e sta' certo che comunque in tanti non lo dimenticheremo mai, come non dimenticheremo il vile timore di tanti che sono pronti a riempirsi la bocca di parole in difesa della vita, e che allora, invece, erano atterriti dallo scontro con il compagno Napolitano.

Un grande cardinale ha spiegato che è meglio essere contestati che irrilevanti. Te lo voglio ripetere, in questa sera amara e dura, non per consolarti ma perché questa è la sorte di chi nella storia ci entra con tutti e due i piedi, e ci mette la sua faccia, sbagliando pure, e magari pure sbagliando tanto, ma mettendo in gioco tutto se stesso, come hai fatto tu, che di tanto puoi essere accusato ma non certo di irrilevanza.

In questi tre anni per fermarti hanno fatto di tutto, approfittando certo anche di tuoi errori, ma non è questo il punto: sei stato alla mercè delle procure, ti hanno origliato come neanche in Unione Sovietica, coperto di fango e svillaneggiato, poteri forti e circuiti mediatici e giudiziari che pur di farti fuori hanno messo in seria difficoltà il paese, e adesso, gli stessi, dicono di volere un altro governo per il bene dell'Italia. Quell'Italia che loro, e non tu, hanno gettato nel ridicolo agli occhi del mondo.

Voglio ringraziarti perché ti sei battuto come un leone, fino alla fine.

Abbiamo assistito obtorto collo ad un golpe. Non avresti potuto fare diversamente: saresti stato il capro espiatorio dello spread, dei mercati, e di tutte le altre diavolerie che hanno lanciato contro l'Italia per farti fuori, e farci fuori. Votare adesso, subito, avrebbe significato votare sotto le bombe, col terrorismo mediatico sul paese che sprofondava, e tutta la colpa sarebbe stata tua. La democrazia è stata momentaneamente sospesa.

Ma non finisce qua. Adesso comincia. Noi, intanto, teniamo gli occhi ben aperti, su Monti & C..

Per ora, un grande, grandissimo e affettuoso abbraccio: siamo in piedi sulle sedie, in tanti, a salutarti "o capitano mio capitano", ma a questo film, stavolta, un seguito ci sarà.

Assuntina Morresi


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lunedì 14 novembre 2011

Interessante per un percorso comune tra Cattolici

http://www.mauriziolupi.it/lupi/sites/default/files/Il%20Giornale_32.PDF


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CONSIDERAZIONI SU DIMISSIONI BERLUSCONI

Da il Sussidiario.net la mia intervista sulle dimissioni del Presidente Berlusconi.

DIMISSIONI BERLUSCONI/ 1. Lupi: Monti, il premier di Sarkozy e dei mercati
INT.Maurizio Lupi domenica 13 novembre 2011

Vicepresidente della Camera dei deputati, esponente di spicco del Pdl, grande esperienza politica e amministrativa, Maurizio Lupi sembra cogliere soprattutto in queste dimissioni del Governo di Silvio Berlusconi elementi che possono essere di grande riflessione, ma anche di crescita, di positività per la politica, per lo stesso Pdl. E per lo stesso Paese, perché si affermi una politica con la "p" maiuscola che guardi al bene comune di una intera società.

Onorevole Lupi, Silvio Berlusconi si è dimesso. Adesso che fase politica si apre in Italia con l'insediamento di un governo, tecnico o di emergenza o di unità nazionale, lo si chiami come si vuole?

Questa è una fase in cui la strada più lineare era quella di andare alle elezioni. E adesso occorrerà pur fare delle riflessioni, quando si è di fronte a una realtà come questa. Realtà in cui i mercati decidono i governi dei singoli Paesi, oppure il presidente francese, Nicolas Sarkozy, si permette di dire apertamente quale governo gli piacerebbe vedere in Italia. Qui occorrerà riflettere e discutere, tra tutti, sull'importanza della democrazia, sul valore della democrazia, che resta sempre la via maestra da seguire.
In questi giorni, nel mezzo di una crisi politica grave, il Pdl ha fatto un milione e duecentomila iscritti, che ci chiedevano di andare alle elezioni. Si è deciso per un bene superiore, di fronte a un'emergenza, per il bene comune di un Paese. Perché questo vale di più delle ragioni di un partito e degli stessi suoi iscritti ed elettori. C'è una sfida in atto, tra le ragioni della democrazia e quelle del mercato, dobbiamo fare i conti con il mercato. Adesso bisognerà ragionare sul valore della persona, innanzitutto, anche di fronte a poteri più forti.

E' su questo che avete ragionato nell'Ufficio di presidenza del Pdl?

Sono rimasto personalmente molto soddisfatto di questa riunione dell'Ufficio di presidenza, dove ognuno liberamente motivava le sue convinzioni, sia a favore delle elezioni, sia per una disponibilità verso il governo Monti. Alla fine siamo arrivati a una sintesi unitaria nell'offrire la disponibilità a un governo Monti verificando innanzitutto i contenuti di un governo di questo tipo. Poi vorremmo vedere i contenuti dell'eventuale azione di questo Governo, il programma, e cioè se è collegato alla lettera della Bce oppure va oltre. Infine, siccome i governi sono fatti da uomini in carne e ossa, occorrerà verificare anche i componenti di questo Governo.
In più bisogna fare un'altra considerazione, direi che esiste una pre-condizione: quella di avere il senso della responsabilità di arrivare a un armistizio tra le forze politiche di maggioranza e di opposizione, senza più sentire i toni di insulti che si sono avuti oggi nel dibattito alla Camera, senza che vi siano più dimostrazioni ben organizzate di squallida contestazione per le strade. Qui non si apre una strada di "nuovi assetti politici", ma di ragionamenti comuni in una fase delicata per il Paese. Poi ognuno ritornerà nel suo posto di appartenenza.

Scusi, onorevole Lupi, perché si è arrivati a questo punto, alla caduta del Governo e alle dimissioni di Berlusconi?

Il tempo ci aiuterà a comprendere dove abbiamo sbagliato, quali responsabilità ci sono. Ma, ripeto, che occorrerà riflettere sull'intero contesto. Come è possibile che l'insieme dei cosiddetti "poteri forti" si coalizzino contro Berlusconi? Ma con quale criterio i mercati riescono dire che Berlusconi non è affidabile e invece Monti è affidabile? Su questi argomenti credo che debba esserci un terreno di riflessione comune sia alla maggioranza che all'opposizione. E penso che questo problema se lo debbano porre anche al di fuori dell'Italia. In Francia lo spread sta già saltando, le banche francesi sono in difficoltà. 
Vediamo che cosa farà Sarkozy se per caso la speculazione cambia obiettivo. Anche Angela Merkel alla fine dovrebbe farci un pensiero. Il problema che ci deve porre è perché c'è questo strapotere della finanza, che non guarda all'economia reale e nello stesso tempo c'è questa debolezza della politica.

Ormai c'è chi parla apertamente di "tramonto del berlusconismo", lei che ne pensa onorevole Lupi?

A me non piacciono gli "ismi", mi ricordano l'ideologia, gli ideologismi. Non mi piaceva quando si parlava di "berlusconismo". Silvio Berlusconi è una persona, viva e vegeta. Credo che in questo momento, con la nomina di Angelino Alfano (41 anni) a segretario, abbia fatto diventare il Pdl un vero partito. Mi interessano le persone e come affrontano la realtà, non gli "ismi". Esiste un progetto per questo partito. Devo anche aggiungere che non mi piacciono affatto i "coccodrilli" che leggo in giro. I "coccodrilli" si scrivono quando uno è morto.

C'è chi dice che questo "tramonto" si confonda con il "tramonto" della cosiddetta "seconda repubblica.

O forse nella trasformazione in "terza repubblica". Poi tutti potranno giudicare quale sia stata la migliore.

(Gianluigi Da Rold)

Inviato da iPhone

domenica 13 novembre 2011

lo sguardo rivolto alla meta, a quel Dio che ci ha creato e, poiché ci ha fatto per sé (cfr S. Agostino, Conf. 1,1), è il nostro destino ultimo "

Ecco cosa ci interessa : il Destino!!

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 13 novembre 2011

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

La Parola di Dio di questa domenica – la penultima dell'anno liturgico – ci ammonisce circa la provvisorietà dell'esistenza terrena e ci invita a viverla come un pellegrinaggio, tenendo lo sguardo rivolto alla meta, a quel Dio che ci ha creato e, poiché ci ha fatto per sé (cfr S. Agostino, Conf. 1,1), è il nostro destino ultimo e il senso del nostro vivere. Passaggio obbligato per giungere a tale realtà definitiva è la morte, seguita dal giudizio finale. L'apostolo Paolo ricorda che "il giorno del Signore verrà come un ladro di notte" (1 Ts 5,2), cioè senza preavviso. La consapevolezza del ritorno glorioso del Signore Gesù ci sprona a vivere in un atteggiamento di vigilanza, attendendo la sua manifestazione nella costante memoria della sua prima venuta.

Nella celebre parabola dei talenti – riportata dall'evangelista Matteo (cfr 25,14-30) – Gesù racconta di tre servi ai quali il padrone, al momento di partire per un lungo viaggio, affida le proprie sostanze. Due di loro si comportano bene, perché fanno fruttare del doppio i beni ricevuti. Il terzo, invece, nasconde il denaro ricevuto in una buca. Tornato a casa, il padrone chiede conto ai servitori di quanto aveva loro affidato e, mentre si compiace dei primi due, rimane deluso del terzo. Quel servo, infatti, che ha tenuto nascosto il talento senza valorizzarlo, ha fatto male i suoi conti: si è comportato come se il suo padrone non dovesse più tornare, come se non ci fosse un giorno in cui gli avrebbe chiesto conto del suo operato. Con questa parabola, Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere. Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza. Commentando questa pagina evangelica, san Gregorio Magno nota che a nessuno il Signore fa mancare il dono della sua carità, dell'amore. Egli scrive: "È perciò necessario, fratelli miei, che poniate ogni cura nella custodia della carità, in ogni azione che dovete compiere" (Omelie sui Vangeli 9,6). E dopo aver precisato che la vera carità consiste nell'amare tanto gli amici quanto i nemici, aggiunge: "se uno manca di questa virtù, perde ogni bene che ha, è privato del talento ricevuto e viene buttato fuori, nelle tenebre" (ibidem).

Cari fratelli, accogliamo l'invito alla vigilanza, a cui più volte ci richiamano le Scritture! Essa è l'atteggiamento di chi sa che il Signore ritornerà e vorrà vedere in noi i frutti del suo amore. La carità è il bene fondamentale che nessuno può mancare di mettere a frutto e senza il quale ogni altro dono è vano (cfr 1 Cor 13,3). Se Gesù ci ha amato al punto da dare la sua vita per noi (cfr 1 Gv 3,16), come potremmo non amare Dio con tutto noi stessi e amarci di vero cuore gli uni gli altri? (cfr 1 Gv 4,11) Solo praticando la carità, anche noi potremo prendere parte alla gioia del nostro Signore. La Vergine Maria ci sia maestra di operosa e gioiosa vigilanza nel cammino verso l'incontro con Dio.

Dopo l'Angelus

Cari amici,

Ricorre oggi la Giornata Mondiale del Diabete, malattia cronica che affligge molte persone, anche giovani. Prego per tutti questi fratelli e sorelle, e per quanti condividono ogni giorno la loro fatica; come pure per gli operatori sanitari e i volontari che li assistono.

Oggi la Chiesa in Italia celebra la Giornata del Ringraziamento. Guardando ai frutti della terra che anche quest'anno il Signore ci ha donato, riconosciamo che il lavoro dell'uomo sarebbe vano se Lui non lo rendesse fecondo. "Solo con Dio c'è futuro nelle nostre campagne". Mentre rendiamo grazie, impegniamoci a rispettare la terra, che Dio ci ha affidato.

Chers pèlerins francophones, le Seigneur nous invite aujourd'hui à reconnaître les dons qu'il nous a faits. Il confie à chacun la responsabilité de les faire fructifier pour qu'il soit le sel de la terre et la lumière du monde. Cette parole du Christ a guidé les travaux de la Deuxième Assemblée spéciale pour l'Afrique du Synode des Évêques. Je souhaite la donner à tous alors que je vais me rendre au Bénin pour affermir la foi et l'espérance des chrétiens d'Afrique et des Îles adjacentes. Je confie à votre prière ce voyage et les habitants du cher continent africain, particulièrement ceux qui connaissent l'insécurité et la violence. Que Notre Dame d'Afrique accompagne et soutienne les efforts de toutes les personnes qui œuvrent pour la réconciliation, la justice et la paix ! Avec ma bénédiction !

I welcome the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer, especially the large group of Filipino pilgrims!  In today's Gospel, the parable of the talents, Jesus invites us to reflect with gratitude on the gifts we have received and to use them wisely for the growth of God's Kingdom.  May his words summon us to an ever deeper conversion of mind and heart, and a more effective solidarity in the service of all our brothers and sisters.  Upon you and your families I invoke the Lord's blessings of wisdom, joy and peace!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich allen Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Besonders verbinde ich mich mit den Gläubigen, die heute nachmittag an der Seligsprechung des Märtyrerpriesters Carl Lampert in Dornbirn Vorarlberg teilnehmen. In der dunklen Zeit des Nationalsozialismus ist an ihm das Wort des heiligen Paulus deutlich geworden: „Wir gehören nicht der Nacht und nicht der Finsternis" (1 Thess 5,5). In einem Verhör, das ihm die Freiheit in Aussicht stellte, konnte er voll Überzeugung bekennen: „Ich liebe meine Kirche. Ich bleibe meiner Kirche treu und auch dem Priesteramt. Ich stehe für Christus und liebe seine Kirche." Vertrauen wir uns der Fürsprache des neuen Seligen an, damit wir wie er einmal ganz teilnehmen dürfen an der Freude seines und unseres Herrn.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana del Ángelus. En la liturgia de hoy, la Palabra de Dios nos exhorta a la sobriedad, a la vigilancia y a una vida cristiana activa y diligente. Los dones que el Señor ha depositado en nosotros son un tesoro que hemos de enriquecer cada día, como tierra fértil que da buenos frutos, y contribuir así a la edificación de la Iglesia y de la sociedad. Que la Virgen María nos acompañe en este servicio a la obra salvadora de Cristo. Muchas gracias y feliz domingo.

Od srca pozdravljam i blagoslivljam hrvatske hodočasnike, a osobito obitelji iz Splita. Dok se bližimo kraju ove liturgijske godine, sjetite se da je Krist početak i svršetak, naša alfa i omega, naše sve. Njegovu vodstvu povjerite svoj život. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto di cuore e benedico tutti i pellegrini croati, particolarmente le famiglie di Split. Mentre ci avviciniamo alla fine di questo anno liturgico, ricordatevi che Cristo è l'inizio e il compimento, nostra alfa e omega, nostro tutto. Affidate la vostra vita alla sua guida. Siano lodati Gesù e Maria!]

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Dzisiaj, z inicjatywy Stowarzyszenia Pomoc Kościołowi w Potrzebie, obchodzicie w Polsce Dzień Solidarności z Kościołem Prześladowanym. W tym roku, modlitwą i ofiarami wspieracie szczególnie Kościół w Sudanie. Życzę, by ten „Dzień" uwrażliwił wszystkich na dramat ludzkiej biedy i prześladowań, na potrzebę poszanowania godności osoby ludzkiej i prawa do wolności religijnej. Wszystkim, którzy włączają się w tę modlitwę z serca błogosławię.

[Saluto cordialmente i polacchi. Oggi, per iniziativa dell'Associazione "Aiuto alla Chiesa che Soffre", celebrate in Polonia la Giornata della solidarietà con la Chiesa perseguitata. Quest'anno, con le vostre preghiere e con le vostre offerte, sostenete in modo particolare la Chiesa in Sudan. Vi auguro che questa "Giornata" sensibilizzi tutti al dramma dell'umana povertà e delle persecuzioni, alla necessità del rispetto dell'umana dignità e del diritto di libertà religiosa. Benedico di cuore tutti coloro che si uniscono a questa preghiera.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani che hanno preso parte al Convegno promosso dal Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana. Saluto il Terz'Ordine dei Minimi di Pizzo Calabro, i partecipanti all'incontro formativo per le guide dei Santuari mariani, il gruppo della Polizia Municipale di Agropoli, i fedeli di Riccione, Romagnano, Afragola, e quelli di Inarzo, che celebrano il centenario della Dedicazione della chiesa parrocchiale. Un saluto anche al gruppo Autosport di Pistoia, come pure ai volontari del Banco Alimentare, che sabato 26 novembre faranno la "colletta alimentare". A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana.

 

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

   

sabato 12 novembre 2011

Pubblicata su Tempi (http://www.tempi.it)
Ennio Doris (Mediolanum): «La crisi italiana è stata causata dalle banche francesi e tedesche»

In
Cosa si nasconde davvero dietro la crisi finanziaria italiana? L'abbiamo chiesto a Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, che ai microfoni di Radio Tempi spiega perché, dietro la crisi che ha colpito l'Italia, si nasconde uno "scherzetto" architettato ad arte da Germania e Francia
Di Massimo Giardina
inEconomia [1]Radio Tempi [2]
10 Nov 2011
Autore:
Massimo Giardina
I mercati borsistici finanziari sono decisamente agitati. Nei giorni scorsi è stato pubblicato un documento a cura dell'European Banking Authority in cui sostanzialmente si penalizzano le banche italiane a cui si chiede una ricapitalizzazione molto forte. Misura eccessiva? Secondo Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, intervenuto questa mattina ai microfoni di Radio Tempi, questa richiesta è soprattutto sbagliata ed è «contro gli interessi del sistema bancario italiano e del paese Italia».

Presidente, il nostro sistema finanziario deve vergognarsi rispetto alla Francia e alla Germania?
Le banche francesi e tedesche sono piene di titoli greci: i francesi ne detengono per 56 miliardi mentre in Germania per 40 miliardi. Le nostre banche ne hanno 4 miliardi. Il problema è che, con le nuove regole previste dall'Authority bancaria europea, i buoni del tesoro emessi dalla Grecia dovranno subire una svalutazione del 50 per cento se non maggiore. Quindi le banche francesi dovrebbero subire una diminuzione dei loro ratio (indici patrimoniali).


Come si stanno muovendo Merkel e Sarkozy?
Ci sono stati una serie di incontri bilaterali tra i due capi di stato. I francesi, per salvare le loro banche, volevano far intervenire direttamente il Fondo salva-Stati, ma il cancelliere tedesco si è opposto. Questo perché il fondo serve per salvare i paesi in difficoltà, mentre a ogni singolo paese tocca preoccuparsi delle proprie banche domestiche. Se la Francia si fosse mossa in questa direzione avrebbe visto abbassarsi il suo rating, che ad oggi continua a essere una tripla A.

E quindi? Cosa hanno inventato?
L'autorità bancaria europea ha deciso di calcolare il peso dei titoli di stato nel bilancio delle banche non più al valore storico, ma al valore di mercato (mark to market). La conseguenza è che i titoli emessi dalla Germania e dalla Francia in questo momento in cui la loro domanda è molto alta, vengono contabilizzati con dei valori superiori rispetto al loro prezzo di realizzo alla scadenza. Questa è una sopravvalutazione assolutamente fittizia, ma grazie a questo scherzo le banche tedesche e francesi possono compensare i minusvalori generati dai titoli greci presenti nei loro portafogli. La conseguenza è che alle banche di Francia e Germania è stato richiesto di ricapitalizzarsi per 9 miliardi di euro l'una e per 5 miliardi l'altra.

E l'Italia?
All'Italia invece è accaduto l'opposto. In questa tempesta i titoli italiani hanno perso valore. Anche questo però è fittizio perché i nostri titoli verrano rimborsati come gli altri, alla pari. In sostanza le banche franco tedesche registrano dei capital gain che svaniranno così come svaniranno le perdite fittizie dei Btp. Il punto dolente è che le banche italiane dovranno aumentare i propri capitali per 14 miliardi: più della somme richieste a Francia e Germania, che hanno invece problemi maggiori rispetto al nostro sistema bancario.


Si può dire che i titoli cosiddetti tossici siano diventati i Btp?
Paradossalmente è così, anche se in realtà non lo sono. Questo è un altro elemento atipico. I veri titoli tossici non sono presenti nel territorio italiano, ma lo sono in Francia e in Germania. Questo è assurdo, perché cioè che determina la bontà di un titolo è la sua liquidabilità, cioè la capacità di essere venduto nel mercato. Un titolo di stato ha una vendibilità immediata, mentre i veri titoli tossici sono illiquidi: nessuno li vuole.


Alla fine quali saranno gli effetti?
Che le banche italiane si guarderanno bene dal comprare titoli di stato italiani.

E chi li compra allora?
Questo è il punto. Quanto sta avvenendo è un vero e proprio attacco all'Italia attraverso un regolamento assurdo che favorisce taluni per penalizzare altri.
Le regole create negli ultimi quindici anni hanno creato degli effetti opposti alle intenzioni.

In che senso?
Le faccio un esempio. In questi giorni è stata salvata dal default la banca belga Dexia che vantava degli indici patrimoniali superiori alla media. Il punto nodale, come detto prima, è rappresentato dal fatto che Dexia deteneva parecchi titoli non liquidi nel proprio portafoglio. Questo è il vero problema. Quindi le banche italiane, che sono state le più prudenti poiché non hanno investito in titoli tossici e non hanno dovuto essere salvate da terzi, sono quelle che pagano di più. Direi che non è per nulla corretto.

Come spiega l'attacco all'Italia nei mercati finanziari e soprattutto qual è il modo per venirne fuori?
L'attacco al debito sovrano italiano è in realtà un attacco all'Euro. In Europa, sono i singoli Stati che emettono il debito, ma le banche centrali nazionali non ne sono più i prestatori d'ultima istanza perché hanno trasferito le funzioni a loro tipiche alla Bce, la quale non si muove con difficoltà per comprare i debiti di singoli stati. Faccio un esempio per chiarire questo punto. La Francia vanta rispetto agli Stati Uniti dei fondamentali migliori. Perché il debito d'oltralpe deve costare 1,5 per cento in più del debito emesso dalla Federal Reserve? La risposta è molto semplice: la Fed, al fine di tenere basso il valore dei tassi, ha comprato sul mercato valori ingenti di titoli americani. Per la Francia, la Bce non fa la stessa cosa.

Perché?
La Germania che gode dei tassi al due per cento, non vuole concorrenza. Ergo alla Francia manca l'acquirente di debito d'ultima istanza.


Quindi, come abbiamo sentito nei giorni scorsi, non c'è futuro per l'Euro?
Ci vuole un governo centrale, una guida. Dobbiamo dire che il re è nudo.
L'Euro così costituito è un errore, le singole macchine viaggiano senza la ruota di scorta, gli Stati mancano del fornitore del credito di ultima istanza. Aveva ragione Tremonti quando caldeggiava l'introduzione dell'Eurobond.

Data questa situazione, quali possibili scenari si prospettano?
Il primo è più drammatico per le conseguenze che genererebbe: si scioglie l'Euro.
Una seconda ipotesi, a mio avviso irrealizzabile, riguarda la creazione di un governo centrale europeo. Non ci credo perché i tedeschi e i francesi non rinunceranno mai alla loro indipendenza. Una terza ipotesi è rappresentata dalla germanizzazione dei paesi mediterranei. I benefici andranno a loro e noi saremo cornuti e mazziati. Anzi lo siamo già.
Twitter: @giardser


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