martedì 1 dicembre 2009

Un giudizio sui minareti in Svizzera

I vescovi elvetici sull'esito del referendum svoltosi domenica
Il «no» svizzero a nuovi minareti danneggia la libertà religiosa

Berna, 30. "Un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione"; una "tendenza che complica le cose per i cristiani" che vivono in Paesi dove tale libertà "è già limitata"; un ostacolo, "ma anche una grande sfida", sul cammino dell'integrazione nel dialogo e nel rispetto reciproco. La Conferenza dei vescovi svizzeri (Cvs) ha commentato così l'esito del referendum che, domenica, ha rivelato che la maggioranza dei cittadini - il 57,5 per cento - è contraria alla costruzione di nuovi minareti nel Paese. Su ventisei cantoni della Confederazione elvetica solo quattro (Basilea città, Ginevra, Neuchâtel e Vaud) hanno votato "no" al quesito referendario, respingendo la proposta sostenuta dall'Unione democratica di centro, il partito di destra che guidava il fronte del "sì", favorevole appunto al divieto di edificazione di nuovi minareti perché "simbolo di una rivendicazione del potere politico e sociale dell'islam". Secondo un comunicato a firma del portavoce della Cvs, Walter Müller, "il sì all'iniziativa aumenta i problemi di coabitazione tra le religioni e le culture". Difficoltà di coesistenza che non si limitano alla Svizzera: la Chiesa cattolica, prima del voto, ha sottolineato infatti più volte che il divieto di costruire minareti non sarebbe servito "ai cristiani oppressi o perseguitati nei Paesi islamici" ma che, anzi, avrebbe deteriorato "la credibilità del loro impegno in quei Paesi". Nella nota si afferma che "la campagna, con le sue esagerazioni e caricature, ha mostrato che la pace religiosa non va da sé e che essa deve sempre essere difesa". Da qui la sfida "a ridare alla popolazione la fiducia necessaria nel nostro ordine giuridico e l'adeguata attenzione agli interessi di tutti" e l'incoraggiamento "a impegnarsi ancora di più oggi per stare accanto ai cristiani" che vivono in nazioni a maggioranza musulmana. Don Felix Gmür, segretario generale della Conferenza episcopale, spiega così la vittoria dei sì: "La gente ha paura di chi viene da lontano, di chi non capisce, e si chiude". E poi "c'è stata una propaganda assai dura", in cui non si è parlato solo di minareti, ma anche di gruppi estremisti. I minareti come i crocifissi. La religione non può essere un fatto privato: "Quelli che sostenevano il referendum - ha dichiarato Gmür alla Radio Vaticana - dicono che la religione deve essere una cosa privata; ognuno può pregare dove vuole, ma non in luoghi pubblici. Nello stesso tempo si dicono cristiani, ma per un cristiano il culto non può essere solo un fatto privato. Su questo - ha affermato il segretario della Cvs - occorre aprire un dibattito che faccia chiarezza perché la società è disorientata, c'è una contraddizione in tutte le società europee, come dimostra la questione aperta sui crocifissi in Italia". Si vince la paura quando si vive insieme, ha osservato ancora Gmür, sottolineando il fatto che il referendum è stato respinto in città come Basilea e Ginevra dove vive il maggior numero di musulmani, mentre il "sì" ha preso voti in zone a minor presenza di immigrati islamici. "Amarezza" è stata espressa dalla Federazione delle chiese evangeliche svizzere, per la quale "il divieto di costruire minareti non risolve alcun problema ma ne crea di nuovi". Va precisato che il divieto non colpisce i quattro minareti già esistenti nel Paese, tanto meno l'edificazione di altre moschee. Ma la delusione dei musulmani è grande. Per l'imam Youssef Ibram, responsabile del Centro culturale islamico di Ginevra, è un "avvenimento catastrofico. Avevamo fiducia nella lucidità del popolo svizzero, è una delusione enorme", ha aggiunto. Reazioni negative anche dall'estero. Il gran mufti dell'Egitto, Ali Gomaa, ha definito l'esito del referendum "un insulto" a tutti i musulmani e "un attacco" alla libertà di religione. In Indonesia la principale organizzazione islamica del Paese, la Nahdlatul Ulama, parla di segnale di "odio e intolleranza" ma invita i fedeli musulmani a reagire "senza eccessi". (©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre 2009)

Inizia l'Anno Liturgico:Cristo che ci dona la Grazia

Il Santo Padre ci offre un nuovo inizio , l'inizio di un nuovo percorso.E' sempre lo stesso ma si rinnova sempre .
Infatti il centro di esso è Gesù Cristo Risorto attorno a cui , come il sole , gravitano come pianeti, i grandi santi tra i quali , la più vicina,la Sua Santa Madre.In riferimento a noi ancora pellegrini sui solchi di questa storia e non ancora capaci di vederlo con i nostri occhi ,abbiamo la possibilità di guardarlo con gli occhi della fede,cioè con gli occhi di una ragione allargata dalla conoscienza atrtaverso la fede .
All'Angelus il Papa ricorda che il messaggio di Gesù non riguarda solo i credenti
Cristo speranza affidabile per tutti gli uomini L'invito a moltiplicare gli sforzi per debellare l'Aids

La speranza di Gesù non riguarda solo i cristiani e i credenti ma tutti gli uomini. Lo ha detto il Papa all'Angelus del 29 novembre, prima domenica d'Avvento, in piazza San Pietro. Dopo la preghiera mariana Benedetto XVI ha lanciato un appello a moltiplicare e coordinare gli sforzi per debellare il flagello dell'Aids.


Cari fratelli e sorelle!
In questa domenica iniziamo, per grazia di Dio, un nuovo Anno liturgico, che si apre naturalmente con l'Avvento, tempo di preparazione al Natale del Signore. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, afferma che la Chiesa "nel ciclo annuale presenta tutto il mistero di Cristo, dall'Incarnazione e Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore". In questo modo, "ricordando i misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza" (Sacrosanctum Concilium, 102). Il Concilio insiste sul fatto che il centro della liturgia è Cristo, come il sole intorno al quale, al modo dei pianeti, ruotano la Beata Vergine Maria - la più vicina - e quindi i martiri e gli altri santi che "in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi" (ivi, 104). Questa è la realtà dell'Anno liturgico vista, per così dire, "dalla parte di Dio". E dalla parte - diciamo - dell'uomo, della storia e della società? Che rilevanza può avere? La risposta ce la suggerisce proprio il cammino dell'Avvento, che oggi intraprendiamo. Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un'unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, "è lo stesso ieri e oggi e per sempre" (13, 8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è "il Vivente" e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. È "carne" come noi ed è "roccia" come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr. Lc 21, 28) - come leggiamo nel Vangelo di oggi. Possiamo pertanto affermare che Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza. E della speranza ogni essere umano ha costantemente bisogno. Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria incarna pienamente l'umanità che vive nella speranza basata sulla fede nel Dio vivente. Lei è la Vergine dell'Avvento: è ben piantata nel presente, nell'"oggi" della salvezza; nel suo cuore raccoglie tutte le promesse passate; ed è protesa al compimento futuro. Mettiamoci alla sua scuola, per entrare veramente in questo tempo di grazia e accogliere, con gioia e responsabilità, la venuta di Dio nella nostra storia personale e sociale. (©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre )