sabato 5 marzo 2011

Lo sapevamo e lo dicevamo....

5 marzo 2011

CRISTIANI PERSEGUITATI

Bhatti, vescovi pakistani
chiedono riconoscimento martirio

La Conferenza Episcopale del Pakistan, che si riunirà per la sua Assemblea Generale a Multan, in Punjab, dal 20 al 25 marzo, esaminerà la proposta di inoltrare ufficialmente alla Santa Sede la richiesta di dichiarare "martire" il Ministro cattolico Shahbaz Bhatti. Lo comunica all'Agenzia Fides mons. Andrew Francis, vescovo di Multan e presidente della Commissione Episcopale per il Dialogo Interreligioso in Pakistan.

Secondo il vescovo, estensore della proposta che sarà votata dalla Conferenza Episcopale, "Bhatti è un uomo che ha dato la vita per la fede cristallina in Gesù Cristo. È compito di noi Vescovi segnalare la sua storia e la sua esperienza alla Chiesa in Roma, per chiedere un riconoscimento ufficiale del suo martirio".

LOMBARDI: È LEGGE SU BLASFEMIA A ESSERE BLASFEMA
Un cattolico, il ministro per le minoranze pakistano Shahbaz Bbhatti, e un musulmano, il governatore dello Stato del Punjab, Salman Taseer: "Tutti e due sono stati uccisi per lo stesso motivo: perché si opponevano alla legge sulla blasfemia, una legge che in sè è veramente blasfema, perchè in nome di Dio è causa di ingiustizia e di morte". Lo ricorda, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano, il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico
Lombardi.

"Tutti e due sapevano bene che rischiavano la vita, perché erano stati esplicitamente minacciati di morte. E tuttavia non hanno rinunciato alla loro lotta per la libertà religiosa, contro il fanatismo violento, e ne hanno pagato il prezzo più alto con il loro sangue", afferma Lombardi, per cui la figura di Bhatti "già grandeggia come quella di un valoroso testimone della fede e della giustizia".

Le loro due morti, "ci ispirano paradossalmente anche un sussulto di speranza, perchè associano un musulmano e un cristiano nel sangue versato per la stessa causa. Non vi è più solo dialogo di conoscenza reciproca o dialogo negli impegni comuni per il bene delle persone. Dal dialogo nella vita si passa al dialogo della testimonianza nella morte, a prezzo del proprio sangue, perchè il nome di Dio non sia stravolto a strumento d'ingiustizia".

"Nella memoria di Taseer e di Bhatti, nella commossa gratitudine per come hanno vissuto e come sono morti - conclude p. Lombardi -, i veri adoratori di Dio continueranno a lottare - e se necessario a morire - per la libertà religiosa, la giustizia e la pace. Quale più forte incoraggiamento a camminare insieme verso Assisi?".
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