venerdì 27 settembre 2013

Papa Francesco: «Non si conosce Cristo in biblioteca» | Tempi.it

Papa Francesco: «Non si conosce Cristo nella tranquillità di una biblioteca, ma in una sequela»

Udienza generale di Papa FrancescoPapa Francesco, questa mattina nell'omelia alla Messa alla Casa Santa Marta, ha spiegato che per conoscere Gesù, bisogna coinvolgersi con Lui.
Il Pontefice è partito dalla domanda di Erode: chi è costui, da dove viene? È una questione che, prima o poi, tutti si pongono non solo l'antico re. È un interrogativo che può anche scivolare via, come una «curiosità», oppure essere posto «per paura». Infatti, nel Vangelo vediamo che «alcuni incominciano a sentire paura di questo uomo, perché li può portare a un conflitto politico con i romani». Insomma, si chiedono: «Ma chi è questo Gesù che fa tanti problemi?».
È proprio così, ha detto papa Francesco. «Non si può conoscere Gesù senza averi problemi. E io oserò dire: "Ma se tu vuoi avere un problema, vai per la strada di conoscere Gesù. Non uno, tanti ne avrai!". Ma è la strada per conoscere Gesù! Non si può conoscere Gesù in prima classe! Gesù si conosce nell'andare quotidiano di tutti i giorni. Non si può conoscere Gesù nella tranquillità, neppure nella biblioteca…».

LA SEQUELA. Certo, è bello conoscere «Gesù nel Catechismo», perché «il catechismo ci insegna tante cose su Gesù», tuttavia, ha osservato, quanti hanno letto il Catechismo della Chiesa Cattolica da quando è stato pubblicato oltre 20 anni fa? «Sì, si deve conoscere Gesù nel Catechismo. Ma non è sufficiente conoscerlo con la mente: è un passo. Ma Gesù è necessario conoscerlo nel dialogo con Lui, parlando con Lui, nella preghiera, in ginocchio. Se tu non preghi, se tu non parli con Gesù, non lo conosci. Tu sai cose di Gesù, ma non vai con quella conoscenza che ti dà il cuore nella preghiera. Conoscere Gesù con la mente, lo studio del Catechismo; conoscere Gesù col cuore, nella preghiera, nel dialogo con Lui. Questo ci aiuta abbastanza, ma non è sufficiente… C'è una terza strada per conoscere Gesù: è la sequela. Andare con Lui, camminare con Lui».

COINVOLGERSI CON LUI. Bisogna «andare, percorrere le sue strade, camminando». Bisogna «conoscere Gesù» attraverso tre linguaggi: della mente, del cuore e dell'azione». Se dunque «io conosco Gesù così – è stata la sua conclusione – mi coinvolgo con Lui. Non si può conoscerlo senza coinvolgersi con Lui, senza scommettere la vita per Lui. Quando tanta gente – anche noi – si fa questa domanda "Ma chi è questo?", la Parola di Dio ci risponde: "Tu vuoi conoscere chi sia questo? Leggi quello che la Chiesa ti dice di Lui, parla con Lui nella preghiera e cammina sulla sua strada con Lui. Così, tu conoscerai chi è quest'uomo". Questa è la strada! Ognuno deve fare la sua scelta!».


Categorie: Chiesa
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mercoledì 25 settembre 2013

Quirico: «Occidente capisca che l'islam moderato non c'è» | Tempi.it

Quirico: «L'Occidente non vuole vedere che ci hanno dichiarato guerra, l'islam moderato non esiste. La Siria è il primo tassello del Grande califfato»

Domenico Quirico accolto dai colleghi alla sede de "La Stampa" di Torino«Noi non vogliamo capire che l'islam moderato non esiste, che la Primavera araba è finita e che la sua nuova fase consiste nel progetto islamista e jihadista di costruire il Grande califfato islamico. Neanche a dirlo, il principale ostacolo alla sua costruzione siamo noi». Domenico Quirico, inviato della Stampa, rapito in Siria e rimasto nelle mani dei ribelli per cinque mesi, riassume in una grande «dichiarazione di guerra» dell'islam all'Occidente gli attentati in Siria, Pakistan, Nigeria, Egitto e Kenya a cui stiamo assistendo in questi giorni. Domani sera Quirico sarà a Milano per un incontro organizzato dal Cmc e a tempi.it racconta «quello che ci sfugge, perché ci fa comodo far finta di non vedere».

Cos'è che non vogliamo vedere?
Che esiste un jihadismo internazionale che ha dichiarato guerra all'Occidente, strutturato militarmente e con un progetto politico che viene sistematicamente messo in atto in diverse parti del globo.

Qual è il loro obiettivo?
Ricreare il Grande califfato islamico del sesto secolo, che è stato il momento di massima espansione militare e politica dell'islam nel mondo. Allora, andavano dall'Europa all'Asia. È chiaro quindi che il principale ostacolo nella costruzione di questo progetto politico siamo noi.

domenico-quirico-tempi-copertina (1)Ma Al Qaeda non stava perdendo terreno?
Le cose sono cambiate. Al Qaeda oggi propone una sfida molto radicale: costruire uno Stato islamico che faccia da nucleo per un successivo sviluppo militare e politico che inglobi il Medio Oriente, il Maghreb, il Sahel e arrivi fino alla Spagna.

La Spagna?
Sì, è considerata terra musulmana da riconquistare. E tutto questo viene detto con grande chiarezza e sincerità. Non sono trame oscure che si muovono nella testa di qualche nostalgico del Medioevo, è un progetto politico preciso che ha armi, eserciti e soldi. E che si sta realizzando a partire dalla Siria.

In un articolo ha definito l'Occidente «debole e brutale». Perché?
Perché alterniamo una vigliaccheria che ci contraddistingue da decenni a momenti di apparente energia come l'intervento franco-inglese in Libia. Prendiamo la Siria: siamo passati dall'immobilismo, quando intervenire sarebbe stato politicamente intelligente ed eticamente obbligatorio, cioè quando la rivoluzione era ancora laica e democratica e non islamica, a progetti totalmente idioti come quello degli Stati Uniti di Obama di bombardare l'esercito di Assad, dando così ad Al Qaeda l'unica cosa che ancora gli manca: l'aviazione.

pakistan-cristiani-attentato-chiesaPakistan, Nigeria, Egitto, Kenya: gli attentati terroristici si moltiplicano dovunque.
Questa nuova "internazionale islamica" è in grado di spostarsi su tanti fronti nuovi con grande rapidità.

Perché all'Occidente sfugge questo progetto politico?
Ci sfugge perché ci fa comodo far finta di non capire. Se noi capissimo la natura del problema, dovremmo prendere decisioni pratiche e siccome le classi dirigenti dell'Occidente alternano vigliaccheria a momenti di totale obnubilamento mentale, ci attacchiamo come ostriche allo scoglio di questa illusione adatta per i conventi e i salotti televisivi.

Che tipo di illusione?
Quella secondo cui l'islam radicale sarebbe un'appendice secondaria di pochi pazzi che girano il mondo per esercitare la loro follia mentre invece l'islam è tollerante, illuminista, pronto ad accogliere le novità che gli porge l'Occidente come internet o Facebook. E noi non ci accorgiamo che invece l'islam moderato ed educato che ci piace tanto è una piccola percentuale di élites collegate all'Occidente. Mentre la maggioranza è un'altra cosa.

Parla per esperienza personale?
I signori che ho incontrato in Siria erano tutti giovani ragazzi, certamente non folli di Dio che stavano tutto il giorno a salmodiare nelle moschee, ma che sapevano fare la guerra e avevano un progetto politico preciso.

Mideast EgyptEppure la cosiddetta Primavera araba aveva suscitato grandi speranze.
La Primavera araba è un periodo che i giornalisti possono ormai consegnare agli storici. È definitivamente tramontata. Siamo in una seconda fase che deriva dalla Primavera araba ma che non è più quella dei giovani di piazza Tahrir o di Avenue Bourghiba. L'islamismo ha raccolto il loro testimone e intelligentemente ha preso l'eredità di qualche cosa che non ha contribuito a costruire, perché bisogna ricordare che gli islamici non hanno partecipato alle rivoluzioni né in Egitto, né in Tunisia né tantomeno in Libia o in Siria.

Ora invece?
Ora invece Al Qaeda è la forza maggiore e meglio armata sul territorio e ha cancellato il Free Syrian Army, che raggruppava i rivoluzionari veri. Oggi la Primavera araba si è trasformata nel progetto del Califfato, anche per colpa dei governi occidentali che prima hanno sostenuto le dittature e poi sono stati sorpresi dal movimento rivoluzionario e hanno cercato di fare una conversione ipocrita di 360 gradi.

siria-ribelli-terrorismo-islamAssad è un brutale dittatore, i ribelli hanno dimostrato di non poter garantire un futuro democratico alla Siria. Che cosa può fare adesso l'Occidente?
Non credo che ora sia possibile e intelligente dal punto di vista politico intervenire in alcun modo in Siria. Il regime è inaccettabile, mentre la nuova rivoluzione non è altro se non jihaidsimo e banditismo, perché ci sono gruppi di criminali che non hanno alcuna ideologia se non quella di riempirsi le saccoccie con estorsioni. Bisogna vedere se il regime avrà le forze necessarie per contenere lo jihadismo, che è ancora possibile.

Ma i ribelli non stanno avanzando?
I giornali scrivono curiose storie sul fatto che la rivoluzione avanza ovunque, ma la verità è che Assad controlla ancora le grandi città e finché è così resisterà, anche grazie ai suoi potenti appoggi internazionali.

Lei ha detto che l'islam moderato non esiste: un'affermazione molto poco politically correct.
Noi vogliamo credere all'islam moderato. Io ho girato tutte le rivoluzioni arabe dal 2011 ad oggi. Quando facevo il corrispondente da Parigi ho trovato moltissimi islamisti moderati che possono andare in televisione a fare dibattiti strappando applausi e facendo commuovere la platea. Poi sono andato sul terreno e ho trovato ben altra realtà. In fondo, è come il bolscevismo.

Cioè?
Ha mai conosciuto un bolscevico moderato? No, perché non esiste in natura. Uguale per l'islam.

Un islamista moderato non può esistere?
Esatto, perché l'islam è una religione totalizzante e guerriera. Dobbiamo dirlo chiaro: è nata con le guerre di Maometto e ha nella lotta e nella conversione uno dei principi fondamentali del suo esistere. Anche quando diventasse una religione moderata e illuminista non sarebbe più islam, ma un'altra cosa.

@LeoneGrotti


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mercoledì 18 settembre 2013

L’uomo moderno alla ricerca della luce - Articoli dalla stampa

L'uomo moderno alla ricerca della luce


Caro Direttore,
con un gesto insolito − una lettera spedita a la Repubblica − papa Francesco ha risposto alle domande che Eugenio Scalfari aveva sollevato nei mesi scorsi a proposito dell'enciclica Lumen fidei.
Che cosa ha mosso il Pontefice? Il desiderio di «fare un tratto di strada insieme», mostrando con ciò stesso fino a che punto intende praticare per primo la «cultura dell'incontro». E che cosa gli consente di percorrere un tratto di cammino con chi la pensa diversamente, nel caso specifico col fondatore de la Repubblica? Il bisogno che hanno entrambi, in quanto persone, di quella luce che permette di vivere il meglio possibile da uomini. «Anch'io vorrei che la luce riuscisse a penetrare e a dissolvere le tenebre», ha risposto Scalfari all'offerta di papa Francesco.
È questo desiderio di una luce per non smarrire la strada a costituire il criterio per il dialogo tra noi uomini. Ogni esperienza del vivere è alla fin fine giudicata da questa esigenza che ci troviamo addosso e che costituisce il fondo più profondo di noi stessi. La lealtà con questo desiderio è ciò che stimola gli uomini al vero dialogo, tanto tengono alla propria vita.
L'uomo moderno ha cercato di rispondere a questa esigenza con i "lumi" della razionalità. È possibile a un uomo moderno, così fiero della sua autonomia, della sua ragione, e a un successore di Pietro mettersi in dialogo leale, non fittizio? Papa Francesco e Eugenio Scalfari ce lo hanno dimostrato. Ma ci hanno mostrato anche qual è il terreno di un autentico dialogo: non il confronto dialettico, ma l'incontro di due esperienze umane. Il dialogo è possibile, ma soltanto se ciascuno è disponibile a mettere in gioco la propria esperienza del vivere.
È su questo terreno che papa Francesco ha accettato di giocare la partita, senza mettere in campo altra "autorità" che non sia la sua personale esperienza di uomo desideroso della luce: «La fede, per me, è nata dall'incontro con Gesù. Un incontro personale, che ha toccato il mio cuore e ha dato un indirizzo e un senso nuovo alla mia esistenza. Ma al tempo stesso un incontro che è stato reso possibile dalla comunità di fede in cui ho vissuto. Senza la Chiesa – mi creda −» confessa a Scalfari «non avrei potuto incontrare Gesù, pur nella consapevolezza che quell'immenso dono che è la fede è custodito nei fragili vasi d'argilla della nostra umanità».
Papa Francesco descrive, Vangelo alla mano, come sia stata possibile, fin dall'inizio del cristianesimo, la fede come una adesione ragionevole. Questa adesione poggia tutta sul riconoscimento di quella "autorità" di Gesù «che emana da dentro e che si impone da sé», che gli era stata data da Dio «perché egli la spenda a favore degli uomini». «L'originalità della fede cristiana fa perno sull'incarnazione del Figlio di Dio», che «non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri». Al contrario, continua il Papa, «la singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l'esclusione».
Questo significa che è possibile cogliere la verità della fede − la luce che dissolve le tenebre − solo all'interno di una relazione. Come ha osservato acutamente Salvatore Veca, «il Pontefice espone un'idea della verità fondata su una relazione. Non è certo una verità mutevole, ma è impossibile isolarla, immunizzarla da contatti esterni, scolpirla nella roccia, perché vive solo nella relazione ed è quindi per sua natura aperta» (Corriere della Sera, 12 settembre 2013).
Potrà mai interessare la luce della fede a un uomo che non vuole rinunciare a niente della sua ragione e della sua libertà? Non la sentirà come una costante mortificazione della propria umanità? Per dirla con Dostoevskij, «un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?».
Nietzsche accusava la fede cristiana, scrive il Papa nella Lumen fidei, di avere «sminuito la portata dell'esistenza umana, togliendo alla vita novità e avventura. La fede sarebbe allora come un'illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani» (n.2). L'enciclica non si sottrae a questa sfida, addirittura la rilancia: «Quando manca la luce, tutto diventa confuso, è impossibile distinguere il bene dal male, la strada che porta alla meta da quella che ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza direzione» (n.3).
La luce della fede, invece, interesserà solo a chi non riduce la propria umanità e il proprio desiderio. In questo senso, è stato per me commovente vedere due persone come Francesco e Scalfari confrontarsi da uomini sulla propria strada del vivere. È in questo il valore del dialogo instaurato dal Papa, come indicazione alla Chiesa di quale sia la strada da percorrere per un vero e autentico confronto. Non è forse questo il compito dei cristiani e della Chiesa? Testimoniare che razza di luce introduce la fede nella vita per affrontare le vicende di tutti. A coloro che li incontrano spetta verificare se realmente questa luce può essere utile per illuminare la loro vita. È il rischio che ha corso Dio diventando uno tra gli uomini.
Il dialogo tra il Pontefice e il giornalista − così fuori dagli schemi soliti eppure così affascinante − è un grande aiuto alla strada che dobbiamo percorrere tutti: ciascuno, infatti, deve paragonare la propria esperienza del vivere con quel desiderio di luce − di verità, di bellezza, di giustizia, di felicità, direbbe don Giussani − che ci costituisce. Possiamo rintracciare nella nostra esperienza i segni di una risposta a quel desiderio tanto inestirpabile, che resiste e riaffiora anche sotto cumuli di macerie?
Jean Guitton diceva che il termine «ragionevole designa colui che sottomette la propria ragione all'esperienza». Con la lettera a la Repubblica il Vescovo di Roma ha offerto a tutti la testimonianza di questa sottomissione che fa luce sulle cose. Là dove un'umanità è disponibile a fare un tratto di strada insieme, cosa si può desiderare di più che imbattersi in compagni di cammino così?


Julián Carrón è Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione




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domenica 15 settembre 2013

"Come Gesù Cristo sul Golgota": uomo crocifisso in Yemen | Tempi.it

La crocifissione di un uomo in Yemen: «Come Gesù Cristo sul Golgota»

Crocifisso_yemenUn uomo crocifisso sulla pubblica via lasciato così appeso per giorni. Sopra la testa il cartello con descritta la sua colpa e la sua condanna. «Come Gesù Cristo sul Golgota». La foto giunge dallo Yemen, ed è stata scattata dagli autori dell'esecuzione.

Nel cartello viene riportata anche una frase del Corano: «La ricompensa per coloro che fanno guerra ad Allah e al Suo Messaggero e sono corrotti sulla terra, è solo quella che devono essere uccisi o crocifissi».

(tratto da erebmedioriente.tumblr.com)


Categorie: Esteri
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sabato 14 settembre 2013

Siria, tra le suore di Maloula «prigioniere» dei ribelli | Tempi.it

Siria. Suore di Maloula "prigioniere" dei ribelli sono salvate dall'esercito. «Maria ci ha protetto» Video

Siria, forti scontri nel villaggio Maaloula tra governo e ribelli«Un tempo era la piazza. Ora è il campo di battaglia dove si decide il destino di Maloula». Inizia così il reportage pubblicato oggi sul Giornale da Gian Micalessin, che sta seguendo sul campo il tentativo dell'esercito siriano di strappare ai terroristi islamici di al-Nusra l'antico villaggio cristiano, dove si parla ancora l'aramaico, la lingua di Gesù. «Ora le voci dei cristiani di Maloula sono lontane. Sopraffatte dalla guerra. Terrorizzate dagli Allah Akbar dei miliziani qaedisti di al-Nusra asserragliati lassù tra le mura del Convento di San Sergio e i ruderi di un hotel diventato, in questo 11 settembre siriano, il nuovo covo di Al Qaida», scrive.

«DIO VI BENEDICA». Poco sotto, «si stagliano le cupole del monastero di Santa Tecla. Lì da una settimana entrano ed escono solo i militanti jihadisti. Lì sopravvivono prigioniere una trentina fra suore e orfanelle. Il capitano Alì vuole andarle a prendere. Il piano sembra perfetto. (…)». Una volta riusciti ad entrare, sfuggendo ai tiri dei cecchini, l'inviato del Giornale e i soldati dell'esercito incontrano le suore: «"Che Dio vi benedica, che Dio vi benedica", la superiora Felaja Sayaf ripete quelle due parole, poi s'interrompe, racconta. "Sabato i ribelli hanno fatto saltare a colpi di kalashnikov il portone d'ingresso, sono entrati e per quattro notti hanno dormito davanti al portone. Non ci hanno fatto nulla, ma ogni giorno entravano e controllavano"».

 RIBELLI CONTRATTACCANO. Una volta entrati, i soldati scoprono che «il carro armato è stato colpito. il vice di Alì e morto. I cecchini hanno fatto saltare la testa ad un altro degli uomini mandati alla rocca. E i sopravvissuti sono già ripiegati nella piazza del villaggio sotto di noi. A loro si sono uniti, contagiati dalla paura, anche i tre uomini con mitragliatrice e lanciagranate che il comandante aveva lasciato fuori dal convento per evitar sorprese. Alì non lo dice, ma non ci vuole molto a capirlo. Siamo soli. Il capitano, sette soldati, un cameraman, un interprete e il sottoscritto».

IL RITORNO DISPERATO. I rinforzi non possono arrivare, Alì «mi guarda e sussurra una frase da brivido. "Se ci trovano qui uccidono anche suore e orfanelle. Usciamo e tentiamo di scendere. Se necessario io e i miei uomini moriremo combattendo. Meglio che sgozzati e decapitati". La madre superiore s'avvicina, ci segna la fronte con la croce, m'infila un'immagine della Madonna nel giubbotto antiproiettile. "Le nostre preghiere sono con voi, andate con il Signore"».

«LA MADONNA CI HA PROTETTI». Il gruppo scende, mentre «risplende la luna. Non appena il suo cono disegna le nostre ombre dieci, venti dita premono il grilletto. Una salva di piombo ricama la terrazza sopra le nostre teste, ma noi siamo già oltre, già più in basso. Come una muta impazzita rimbalziamo di viuzza in viuzza scivoliamo, barcolliamo, ci calpestiamo mentre le canne dei kalashnikov controllano ogni angolo. (…) Potrebbero essere ovunque, ma non ci sono. Gli spari sono solo sopra e noi, ora, siamo nella piazza. Alì mi abbraccia, mi sfila dal giubbotto la Madonna di madre Najaf. La bacia. "Siamo vivi, giornalista. Lei ci ha protetto"».

Firma l'appello contro l'intervento militare in Siria




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venerdì 13 settembre 2013

Siria. Maalula: la morte "in odium fidei" del giovane Sarkis - Radio Vaticana

Siria. Maalula: la morte "in odium fidei" del giovane Sarkis - Radio Vaticana

Soldati dell'esercito regolare sono entrati a Maalula, il villaggio cristiano attaccato nei giorni scorsi e preso da gruppi islamisti. Secondo fonti locali contattate dall'agenzia Fides, ai soldati si sono affiancati giovani cristiani del villaggio che sono sotto il fuoco dei cecchini, appostati nelle case. L'impresa di liberarlo dalle ultime sacche di resistenza si preannuncia molto ardua, per la struttura stessa del villaggio, dove le case sono arroccate sulle pendici della montagna. Per i cristiani di Maalula, è già "terra di martiri". Grazie a una testimone oculare, una donna cristiana (anonima per motivi di sicurezza), attualmente in ospedale a Damasco, all'agenzia Fides ha ricostruito nel dettaglio la sorte dei tre cristiani uccisi a Maalula. Le loro esequie si sono celebrate il 10 settembre a Damasco, nella cattedrale greco-cattolica, in una celebrazione presieduta dal patriarca melkita Gregorio III Laham, alla presenza di vescovi di altre confessioni. Secondo quanto racconta a Fides la donna, i gruppi armati sono penetrati il 7 settembre in molte case dei civili, distruggendo e terrorizzando, colpendo tutte le immagini sacre. In una casa vi erano tre uomini greco cattolici Mikhael Taalab, suo cugino Antoun Taalab, Sarkis el Zakhm, nipote di Mikhael, e la donna, loro parente, che racconta l'episodio. Gli islamisti hanno intimato a tutti i presenti di convertirsi all'islam, pena la morte. Sarkis ha risposto con chiarezza: "Sono cristiano e se volete uccidermi perchè sono cristiano, fatelo". Il giovane è stato ucciso a sangue freddo, con gli altri due. La donna è rimasta ferita ed è salva per miracolo, in seguito condotta in ospedale a Damasco. "Quello di Sarkis è un vero martirio, una morte in odium fidei", dice a Fides suor Carmel, fra i cristiani di Damasco che assistono gli sfollati di Maalula. I presenti al funerale erano molto commossi. Oggi gli sfollati di Maalula, in maggioranza a Damasco, rimarca la suora, "chiedono solo di poter tornare alle proprie case, in pace e sicurezza". Secondo quanto appreso da Fides, i religiosi, uomini e donne, tuttora presenti a Maalula, sono sani e salvi. Le suore greco ortodosse del convento di Santa Tecla sono state "assediate" e sono rimaste nella paura per diversi giorni, mentre i gruppi armati minacciavano di fare irruzione nel convento. Dalle strutture sono state rimosse le croci e molte case dei civili sono state saccheggiate. (R.P.)


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mercoledì 4 settembre 2013

Il carisma spiega

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Vangelo

Lc 4,38-44
È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato.




+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». 
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Parola del Signore

Luigi Giussani -un evento reale nella vita dell'uomo-


Fondamentalmente i compiti che in questa storia ci possono toccare sono: da una parte, la collaborazione al progredire della storia di Dio, per così dire la generazione del materiale della storia di Dio, e questo si chiama matrimonio,è il compito del matrimonio; dall'altra c'èla possibilità che sia dato come compito quello di innalzare sul cammino di tutti la bandiera dell'ideale: "guardate per favore che tutto quello che fate èper il destino, cioè per Cristo", e il compito di tenere questa bandiera ideale si chiama verginità nel senso ristretto del termine... Non c'è differenza tra chi vive nella verginitàe chi vive il matrimonio. La verginità ha il compito di richiamare tutti all'unico scopo e ognuno , invece, da questo richiamo è sostenuto a ricercare l'unico scopo in quello che gli tocca.
(Pag 314)

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martedì 3 settembre 2013

MICHELE, UNA TOSCANA DA SOGNO E UN LAVORO “DI VINO” – lo Straniero

MICHELE, UNA TOSCANA DA SOGNO E UN LAVORO "DI VINO"

Un vino divino ci voleva, per festeggiare il compleanno di Michelle, il 17 gennaio scorso. Barack Obama, sotto anonimato, ha telefonato al "Caffè Milano" di Washington per far preparare la cena (pochi selezionati invitati: una ventina) e ha scelto lui il vino. Sapeva che in quel locale della capitale hanno proprio quello che lui e la first lady preferiscono.

Lo hanno già bevuto in passato al ristorante "La spiaggia" di Chicago che frequentavano abitualmente.

E' uno straordinario bianco (ha detto un amico: "è il bianco che Obama predilige"). Si chiama "Costa di Giulia" ed è un'eccellenza del "Made in Italy".

Ma da dove viene questa delizia? Cosa c'è dietro quel gusto che ha sedotto l'inquilino della Casa Bianca e la moglie?

Sgorga dalle botti di un piccolo viticoltore toscano, Michele Satta, le cui vigne sono un angolo di paradiso "fra cielo, terra e mare", come recitano i cartelli fra i filari di questa maremma livornese.

"Una volta" ricorda Satta "don Giussani mi disse: lì dove vivi tu guardare è già pregare". In effetti è facile accorgersene.

Arrivo alla sua cantina il primo giorno della vendemmia 2013, un rito antico e festoso che nelle campagne italiane si sta rinnovando proprio in queste settimane. E che andrà avanti fino a ottobre.

Il vino – che è una cosa sola col turismo – è il nostro oro, il nostro petrolio, ma il sistema pubblico non se ne rende conto e – come vedremo – penalizza in tutti i modi i nostri produttori.

Casa Satta e la cantina sono sul pendio roccioso che sale a Castagneto Carducci. Le vigne si stendono lievi nella valle fertilissima fra Bolgheri e Donoratico.

In alto, a est, sulle irte colline boscose ricche di funghi e cinghiali, sta la torre di Donoratico, che ricorda le incursioni saracene di un tempo e l'antica signoria dei Della Gherardesca (la famiglia del conte Ugolino, immortalato nella Divina Commedia).

In fondo a questa vallata, verso occidente, le vigne lasciano il posto a una verde pineta e a un mare azzurrissimo che nel pomeriggio brilla e infine si colora di rosso nel tramonto. Tutto questo si gusta da casa Satta. Anche in altre stagioni, quando la vigna si fa di mille colori.

Una famosa poesia del Carducci, che crebbe proprio qui, racconta i mesi autunnali: "la nebbia agli irti colli/ piovigginando sale/ e sotto il maestrale/ urla e biancheggia il mare"…

Anche il viale di cipressi di San Guido è stato immortalato dal Carduccione ("I cipressi che a Bolgheri alti e schietti/ van da San Guido in duplice filar,/ quasi in corsa giganti giovinetti…").

E in "Idillio maremmano" il poeta ricordò un amore giovanile ("la bionda Maria") e l'allegria di quegli anni a Bolgheri.

Oggi questa è diventata terra di vip che comprano ville e casali. Ma Michele Satta ci arrivò quarant'anni fa da Varese: venne a studiare agraria a Pisa (dove si è laureato) e intanto faceva il bracciante agricolo nelle fattorie.

"Tutta la mia storia" mi dice "è nata da una forte passione per la terra, che sentivo come il compito della mia vita, e dall'amore per una grande donna, Lucia, che fin dall'inizio mi ha accompagnato nelle mie scelte".

Con Lucia, presenza silenziosa e forte, nel corso degli anni ha costruito una famiglia di sei figli, cinque femmine e un maschio. Hanno studiato tutti: Anna è violinista, Benedetta ha laurea in fisica e diploma in flauto traverso, Veronica è architetto, Caterina è insegnante e madre, Maria studia lettere a fa teatro infine Giacomo studia agraria ed è sulle orme del padre.

Nel frattempo Michele e Lucia mettevano su una piccola azienda agricola producendo buon vino, pian piano sempre migliore. Infine eccellente.

Oggi vantano vini come il Costa di Giulia, il Bolgheri rosso e rosato, il Cavaliere, i Castagni, il Piastraia, il Giovin Re, il Diambra bianco (ognuno dei quali è una vigna), che non solo deliziano i palati degli inquilini della Casa Bianca, ma che portano Michele Satta ai quattro angoli del mondo: da Hong Kong a Parigi, dal Canada alla metropoli siberiana di Novosibirsk, alla Cina dove i "nuovi ricchi" sfoggiano come status symbol i migliori vini italiani.

Arrivo alla cantina di Michele, scavata nella roccia, aperta anche durante la vendemmia, e mi accorgo che è un via vai di tedeschi, polacchi, americani.

C'entrano come si entra in una cripta, sono affascinati dal religioso silenzio delle botti e dei tini, dal profumo di mosto, ma soprattutto ammaliati dagli assaggi dei vini che poi comprano.

Quello che colpisce di Michele è l'allegria. Oggi certo per la festa che è la vendemmia (ogni giorno si controllano le diverse uve, in ogni vigna, e si calibra il momento giusto per ogni tipo di vino).

Ma lui sorride sempre, anche quando mi racconta – amareggiato – che un'azienda come la sua, che in qualunque altro paese sarebbe ritenuta un gioiellino, deve lottare di continuo per sopravvivere e per crescere.

"Perché, a parte le tasse opprimenti e la crisi economica, il sistema bancario, se hai piccole dimensioni, neanche ti considera" dice Satta. "La burocrazia ti crea problemi colossali per ogni piccolo investimento sulla cantina. Poi le leggi sul lavoro che non ti permettono di assumere e far lavorare secondo i tempi delle campagne. Questa è una mentalità sovietica, che distrugge il lavoro, la ricchezza, che manda tutto in malora".

"Come se non bastasse" riprende Satta "in Parlamento ti fanno pure leggi contro il vino come quella del codice della strada…". Commenta da uomo concreto: "è assurda, non solo perché se uno pranza con mezzo bicchiere di rosso rischia la patente, ma concettualmente, perché finisce per equiparare il vino alla droga, Ma il vino è cultura e civiltà. Così criminalizziamo la nostra ricchezza nazionale".

Michele, laureato in agraria, ha mani da contadino, dita rocciose di chi lavora sodo la terra. Ma è un uomo colto e spiritualmente elevato.

Alla sua cantina organizza eventi culturali: concerti di Jazz e musica classica, letture di poeti, insieme con assaggi guidati dei vini (l'evento più noto è "Semetipsum" dove gli artisti vengono a esprimere la loro esperienza personale).

Fuori dalla cantina ha fatto realizzare una scultura. S'intitola "Ascensione". Proietta verso l'alto tutti gli strumenti di lavoro della campagna: zappe, forbici, seghetti, martelli, chiodi, vanghe. In cima c'è una grande chiave.

Lo interpreto così: Gesù Cristo è asceso al cielo e lui, che amava così tanto gli esseri umani e il loro lavoro da aver lavorato lui stesso come carpentiere per anni, trascina con sé, nell'abbraccio del Padre, noi e tutti gli strumenti del nostro lavoro, tutte le nostre fatiche.

Michele aggiunge un suo pensiero: "il lavoro della campagna è drammatico perché fai continuamente esperienza del deperimento di tutte le cose: fatichi per produrre pesche e poi, quando le porti al mercato, alle 12, se non le hai vendute, sono da buttare. Invece il vino no. Passano dieci anni ed è sempre più buono. Il vino è una promessa di eternità. Mostra che l'uomo è fatto per vivere per sempre. Per questo ho voluto l'Ascensione…".

Ride Michele scherzando con alcuni suoi operai. Gli chiedo se è il suo vino che mette a Obama la voglia di far la guerra. Lui ribatte: "al contrario. Direi, alla Benigni, che il vino ti fa far l'amore con tutto il creato".

Lui lo esporta nel mondo per far conoscere questo gusto per la vita. E' appena tornato da un vicino monastero di trappiste a cui ha consegnato un po' di bottiglie. Le suore sono povere e sono amiche di Michele e Lucia. Loro si alzano alle quattro del mattino per lodare il Creatore. Un po' come si fa nelle vigne di Michele.

Che nel suo sito internet ha riportato queste parole di Benedetto XVI: "Il vino esprime la squisitezza della creazione, ci dona la festa nella quale oltrepassiamo i limiti del quotidiano: il vino 'allieta il cuore'. Così il vino e con esso la vite sono diventate immagini anche del dono dell'amore, nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino".

 

Antonio Socci

 

Da "Libero" 1 settembre 2013

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Il carisma spiega

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c'era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Parola del Signore

Luigi Giussani un evento reale nella vita dell'uomo.
-So di vivere la decisione per l'esistenza se cerco di ricordarmi di Cristo nel rapporto che ho con la donna, con l'uomo, con il libro come strumento di lavoro, col tempo, con la gente, che si stringe attorno nelle strade...
C'è allora come statuito prima un modo diverso di guardare un modo diverso di concepire e di concepire il mio rapporto con te dove sono salvati tutti gli aspetti anche più minuti anche i particolari più piccoli della creazione umana ma sono raccolti in un significato che persegue con fatica o con Letizia secondo i tempi e costruisci.


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lunedì 2 settembre 2013

Il carisma spiega






+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l'anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore
 Luigi Giussani :"un evento reale nella vita dell'uomo."
-Il riconoscimento del destino ricolloca le cose al loro posto e con esse si cammina con fatica o con letizia, con dolore o con gioia, ma tutto diventa costruttivo e non si perde più nulla. (Pag 309)

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