lunedì 15 marzo 2010

Come passare dal Buddhismo al Cristianesimo

14 Marzo 2010
LE STORIE
Da guru buddista ad asceta cristiano
«Kyrie Jesu Christe Eleison». Le labbra s’incurvano ma lo sguardo resta fisso sull’incenso che ci vela l’uno all’altro. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: chissà quale ricordo calamita i suoi occhi verdi, se i roghi di Benares o le conferenze di Jasper, le sterminate pellicole di Ejzenštein, il zazen o il Paramatma, la scintilla di Shiva… Forse li cattura un riverbero antico: la neve delle Orobie non è diversa da quella dell’Appenzell, quando il "maestro" era ancora Hanspeter.

Sessant’anni dopo, Masterbee non è più un guru buddista. Dal cristianesimo alle filosofie orientali e ritorno: oggi esplora la spiritualità asiatica alla luce del Vangelo. Semplificando molto, si potrebbe definire l’anti-Terzani: stessa barba candida e un periplo attraverso il pensiero orientale e la tradizione filosofica dell’Occidente, ma con un approdo ben diverso. Quello del mistico svizzero è Gesù Cristo. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: chissà se ancora è di fronte a me, in questa baita, o se stia vivendo una delle sue esperienze extracorporee. «Kyrie Jesu Christe Eleison»: seduto nella posizione del loto, recita all’infinito la Preghiera del cuore, il suo mantra cristiano

«È la preghiera di Gesù – dice –. Lo chiamo Jesus Mantra per parlarne ai giovani, ma non va frainteso. L’Occidente crede che il mantra sia solo la ripetizione monologica degli orientali; invece questa parola significa anche "preghiera". Rispetto ai mantra asiatici, che hanno una funzione psicologica, il Jesus Mantra offre, tramite la Grazia, una via di redenzione spirituale». La perpetuazione della preghiera di Gesù degli ortodossi – «Kyrie Jesu Christe Eleison», appunto – in questa interpretazione riprende e capovolge la dinamica del mantra buddista. «Nella mistica cristica – argomenta ancora – l’energia non sale dal basso, dal "sé", ma scende dall’alto, dalla luce di Cristo, e produce una trasformazione spirituale, che include il corpo».

Qualcosa di simile alle estasi di Santa Teresa di Avila. «L’Occidente conosce il sé – aggiunge – ma l’Asia ha scoperto come sperimentarlo attraverso la meditazione profonda». Il discorso, naturalmente, riguarda le vere filosofie orientali e non il "supermercato spirituale" che attira masse di giovani in cerca di risposte facili. «Lo yoga tantrico non è il Bengodi del sesso, ma ha una forte caratura morale ed è una condizione in cui può operare la Grazia, portandoci alla fede cristiana». O riportarvici. Sulle rive del Gange, fu proprio uno swami a incoraggiare Masterbee a tornare «là da dove sei venuto».

Il santone errante aveva visto giusto: «La conversione mi ha mostrato l’impossibilità delle altre religioni di essere salvifiche, anche quando contengono i semi di Dio, come riconosce il Concilio con la Nostra Aetate. Se è pur vero che nel mondo tutto è in relazione, l’intervento di Cristo modifica la realtà e ciò pone un limite alla meditazione del profondo. Essa conduce all’autotrascendenza, fenomeno umano e non divino, e il cristiano può servirsene, ma deve trascendere il metodo con la fede e nessuna tecnica può aiutarlo, perché la salvezza giunge a lui dall’intervento salvifico della Grazia che Gesù Cristo porta nella storia umana e personale».

La riflessione si fa sempre più intima: «Quando si riceve la fede è come se si modificasse in luce e amore la realtà intorno a noi e in noi. Il Vangelo usa il verbo eghéneto per esprimere l’accadere della salvezza e la sua gratuità». Sta raccontando la propria rinascita: «Sono tornato al cristianesimo dopo aver sperimentato il male che lotta contro Cristo, liberandomi dalle tradizioni che si opponevano con grande potenza al mio ritorno». Il background scientifico lo porta a parlare di Dio in termini di luce, di energia, di cosmologia, ma la sua fede è tersa come quella di un bambino: «Non esiste energia più grande dell’amore che promana dalla Resurrezione: è l’unica realtà che trasformi il mondo ed è solo latente nelle religioni orientali, che sono tutte circolari, fanno parte del ciclo del divenire.

Solo la Trinità non finisce». A Masterbee e a Kicka – artista, moglie e discepola – sono occorsi anni per abbandonare le tecniche orientali. Oggi, insieme, mettono la meditazione profonda al servizio della fede attraverso la Preghiera del cuore. Che è silenzio interiore – «Ha un incommensurabile potere trasformante della psiche dell’uomo» – ma non solo: «Quando prego deve avvenire in me una modificazione psicologica e spirituale interiore. Persino nell’adorazione eucaristica se non trascendiamo diventiamo idolatri, perché restiamo nel guscio dell’io egocentrico. Se contemplo l’Ostia devo andare in unione profonda con Colui che è in essa».

Mi assale il timore di una deriva sincretistica: è il "pregiudizio" di cui parla padre Raniero Cantalamessa nella prefazione alla prima opera del mistico svizzero (Mendicante di luce, San Paolo 2006), dove paragona la conversione di Masterbee e Kicka a quella di Agostino. Nel pensiero dell’ex guru ci sono anche Maestro Eckhart, san Giovanni della Croce, se non l’anonimo della Nube della non conoscenza e le sue convergenze ante litteram con il mondo zen.

La Preghiera del cuore è altra cosa dai mantra del buddismo mahayana come da quelli induisti, in quanto «si basa su una Rivelazione storica, mentre Krishna e Shiva discendono da una rivelazione mitica».

Nel mantra induista, poi, «la divinità adorata resta un’essenza auto-trascendente» mentre il cristiano non perde mai il contatto con la Rivelazione. «Certo, le religioni asiatiche sfruttano le infinite capacità della mente, che è uno strumento e un limite»: sta confessando quanto sia stato difficile abbandonare le formule della tradizione orientale senza cadere nel sincretismo. Non ci sarebbe riuscito senza la Preghiera di Gesù: «Signore Gesù Cristo misericordia», cioè «Kyrie Jesu Christe Eleison».

L’invocazione degli ortodossi, pronunciata incessantemente con devozione e umiltà, permette di acquisire lo Spirito Santo e purifica anima e corpo. «Nella tradizione bizantina il corpo non è un nemico ma un alleato dell’anima. L’ascesi ortodossa è integrata con il cosmo e la natura, diversamente dalla tradizione occidentale»: anche il Jesus Mantra permette di raggiungere l’armonia tra corpo, mente e spirito, tuttavia, avverte, «l’orazione cristiana del profondo tramite il nome divino non può essere confusa con altri metodi di meditazione, poiché il Sé viene redento tramite la fede e non è invece la meta ultima». Lo sguardo si sposta sulla Chiesa: il carisma della spiritualità contemplativa è sempre più raro – annota – e, soprattutto ai giovani, occorre «una rieducazione alla vita spirituale e religiosa, perché c’è la tendenza a confondere i due piani».

Mentre parliamo appare Kicka in sari nero e sembra veramente uscita, come dice lui, da un quadro di Böcklin. La conversione ha lasciato il segno nella loro arte: gli psicocosmogrammi buddisti appartengono al passato, come i mahakala e i mandala, mutuati dalle tibetane. Kicka scolpisce la sofferenza della Croce e nelle neoiconografie di Masterbee tutto parla del Cristo. Del passato resta il bisogno di un confronto, perché «nessuno è fuori dal disegno salvifico di Dio».

Né il buddista che «non crede in un dio personale», né l’induista «che crede in un dio, seppur mitico». Il New age, invece, è «un pericolo» e lo yoga «può portare alla soggettività, base psicologica del relativismo». La risposta alle filosofie orientali «protese oltre l’ego» è una sola, la preghiera del profondo e «la resa incondizionata dell’ego a Cristo». Vale a dire questo suo silenzio orante: «Kyrie Jesu Christe Eleison».
Paolo Viana

Messaggio GMG:Tenere alto il desiderio

Come sempre semplice e chiaro, il Santo Padre mostra il centro della esperienza cristiana e gli effetti che ne conseguono.
In primis non si tratta di seguire una morale ma l'incontro con Gesù Cristo vivo e risorto. Dal suo sguardo , da questa particolare commozione che lo anima per il nostro destino e al nostra felicità, scaturisce la speranza la gioia e l'impegno alla vocazione a cui personalmente ci chiama.
Il lavoro è quello di incontrarlo e farsi incontrare, ascoltarlo, seguirlo.
E' la sfida che offre a chiunque , non solo ai giovani :<>.


MESSAGGIO DEL SANTO PADREBENEDETTO XVI PER LA XXV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (28 MARZO 2010)

“Maestro buono, che cosa devo fareper avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17)
Cari amici,
ricorre quest’anno il venticinquesimo anniversario di istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, voluta dal Venerabile Giovanni Paolo II come appuntamento annuale dei giovani credenti del mondo intero. Fu una iniziativa profetica che ha portato frutti abbondanti, permettendo alle nuove generazioni cristiane di incontrarsi, di mettersi in ascolto della Parola di Dio, di scoprire la bellezza della Chiesa e di vivere esperienze forti di fede che hanno portato molti alla decisione di donarsi totalmente a Cristo.
La presente XXV Giornata rappresenta una tappa verso il prossimo Incontro Mondiale dei giovani, che avrà luogo nell'agosto 2011 a Madrid, dove spero sarete numerosi a vivere questo evento di grazia.
Per prepararci a tale celebrazione, vorrei proporvi alcune riflessioni sul tema di quest’anno: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17), tratto dall’episodio evangelico dell'incontro di Gesù con il giovane ricco; un tema già affrontato, nel 1985, dal Papa Giovanni Paolo II in una bellissima Lettera, diretta per la prima volta ai giovani.
1. Gesù incontra un giovane
“Mentre [Gesù] andava per la strada, – racconta il Vangelo di San Marco - un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni” (Mc 10, 17-22).
Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso di voi, verso le vostre attese, le vostre speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarvi personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di voi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il «Maestro buono», per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Con questo brano evangelico, il mio Predecessore voleva esortare ciascuno di voi a “sviluppare il proprio colloquio con Cristo - un colloquio che è d'importanza fondamentale ed essenziale per un giovane” (Lettera ai giovani, n. 2).
2. Gesù lo guardò e lo amò
Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (cfr Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.
Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani: “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!” (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). “La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre – scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana” (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento.
In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell'evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!
3. La scoperta del progetto di vita
Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.
Il giovane ricco chiede a Gesù: “Che cosa devo fare?”. La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. E’, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: “Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?”.
Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? “Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?” (Ibid., n. 3).
Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.
Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli: “Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla”. Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20)!
4. Vieni e seguimi!
Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice: “Vieni e seguimi!”. La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d’amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d’amore: “Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo” (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle Canonizzazioni: L’Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).
Sull’esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l’invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l’invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.
La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!
Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione: Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!
Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.
5. Orientati verso la vita eterna
“Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, “non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?” (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla “vita eterna” affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso.
Ma cos’è la “vita eterna” cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.
Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: “Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva: “Voglio vivere e non vivacchiare!” e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: “Verso l’alto”, alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.
Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte e a dare qualità alla vostra esistenza.
6. I comandamenti, via dell'amore autentico
Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni necessarie per “avere in eredità la vita eterna”. Essi sono punti di riferimento essenziali per vivere nell’amore, per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Anche a voi, Gesù chiede se conoscete i comandamenti, se vi preoccupate di formare la vostra coscienza secondo la legge divina e se li mettete in pratica.
Certo, si tratta di domande controcorrente rispetto alla mentalità attuale, che propone una libertà svincolata da valori, da regole, da norme oggettive e invita a rifiutare ogni limite ai desideri del momento. Ma questo tipo di proposta invece di condurre alla vera libertà, porta l'uomo a diventare schiavo di se stesso, dei suoi desideri immediati, degli idoli come il potere, il denaro, il piacere sfrenato e le seduzioni del mondo, rendendolo incapace di seguire la sua nativa vocazione all'amore.
Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché vuole costruire con noi un Regno di amore, di giustizia e di pace. Ascoltarli e metterli in pratica non significa alienarsi, ma trovare il cammino della libertà e dell'amore autentici, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all'inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché “Dio è buono”.
7. Abbiamo bisogno di voi
Chi vive oggi la condizione giovanile si trova ad affrontare molti problemi derivanti dalla disoccupazione, dalla mancanza di riferimenti ideali certi e di prospettive concrete per il futuro. Talora si può avere l'impressione di essere impotenti di fronte alle crisi e alle derive attuali. Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri sogni! Coltivate invece nel cuore desideri grandi di fraternità, di giustizia e di pace. Il futuro è nelle mani di chi sa cercare e trovare ragioni forti di vita e di speranza. Se vorrete, il futuro è nelle vostre mani, perché i doni e le ricchezze che il Signore ha rinchiuso nel cuore di ciascuno di voi, plasmati dall’incontro con Cristo, possono recare autentica speranza al mondo! È la fede nel suo amore che, rendendovi forti e generosi, vi darà il coraggio di affrontare con serenità il cammino della vita ed assumere responsabilità familiari e professionali. Impegnatevi a costruire il vostro futuro attraverso percorsi seri di formazione personale e di studio, per servire in maniera competente e generosa il bene comune.
Nella mia recente Lettera enciclica sullo sviluppo umano integrale, Caritas in veritate, ho elencato alcune grandi sfide attuali, che sono urgenti ed essenziali per la vita di questo mondo: l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale.
Sono sfide alle quali siete chiamati a rispondere per costruire un mondo più giusto e fraterno. Sono sfide che chiedono un progetto di vita esigente ed appassionante, nel quale mettere tutta la vostra ricchezza secondo il disegno che Dio ha su ciascuno di voi. Non si tratta di compiere gesti eroici né straordinari, ma di agire mettendo a frutto i propri talenti e le proprie possibilità, impegnandosi a progredire costantemente nella fede e nell'amore.
In quest'Anno Sacerdotale, vi invito a conoscere la vita dei santi, in particolare quella dei santi sacerdoti. Vedrete che Dio li ha guidati e che hanno trovato la loro strada giorno dopo giorno, proprio nella fede, nella speranza e nell'amore. Cristo chiama ciascuno di voi a impegnarsi con Lui e ad assumersi le proprie responsabilità per costruire la civiltà dell’amore. Se seguirete la sua Parola, anche la vostra strada si illuminerà e vi condurrà a traguardi alti, che danno gioia e senso pieno alla vita.
Che la Vergine Maria, Madre della Chiesa, vi accompagni con la sua protezione. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e con grande affetto vi benedico.
Dal Vaticano, 22 Febbraio 2010

BENEDICTUS PP. XVI

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