lunedì 26 ottobre 2009

Don Carlo Gnocchi

Dalla omelia del Cardinal Tettamanzi alcuni pezzi...

augurava la personalità cristiana, cioè “cristianesimo e cristiani attivi, ottimisti, sereni, concreti e profondamente umani; che guardano al mondo, non più come a un nemico da abbattere o da fuggire, ma come a un (figlio) prodigo da conquistare e redimere con l’amore…” (Restaurazione della persona umana, in Scritti, 728-729).

Sono parole preziose anche per noi: amiamo il nostro tempo; impegniamoci nel nostro mondo; portiamo in tutti gli ambienti della nostra vita le speranze umane e la “speranza grande” che ci viene da Cristo, il vincitore della morte e di ogni male.

Il Grande Fratello: L'opposto della comunità cristiana

Un bel giudizio su questa trasmissione in cui si fa sempre di più fatica a rintracciare una ben che minima simpatia o con gli anni che passano e le edizioni che si susseguono..
Un bell' articolo di Umberto Folena!


Riecco il «Gf»: torna in scenalo spettacolo dell'anti-fratellanza


Infaticabili, intoccabili, inarrestabili. Assolutamente "in" la truppa del Grande Fratello (Gf), che torna su Canale 5 per l’edizione numero 10 a pochi mesi dalla conclusione della numero 9. Qualcuno starà pensando: inopportuni, incivili, insignificanti… ecco, pensatelo soltanto o sussurratelo sottovoce, per non suscitare le ire degli strateghi di Canale 5 che ieri spiegavano solenni come il Gf abbia «sdoganato la normalità», provocando il muto sbalordimento di chi invece è sempre stato convinto che avesse sdoganato l’a-normalità; oppure come il Gf costituisca «la spina dorsale del palinsesto» delle rete ammiraglia Mediaset, alla faccia di chi ancora ritiene che si tratti invece del ventre molle. Certo, se l’unico criterio è quello quantitativo, ossia la capacità del Gf di sedurre inserzionisti e far cassa, allora sì: è una spina (dorsale, se insistete).Pare che quest’anno, per una decima edizione monstre che si divorerà pure Natale e Capodanno, a Cinecittà confluiranno «personalità forti». Non ne dubitiamo. Anticipazioni: una guardia del corpo, un’imprenditrice, uno studente molto cattolico, una sommelier: praticamente uno spaccato della società italiana. Pare, si dice, mormorano che a Natale entrerà fugace un prete per celebrare la Messa. Una promessa o una minaccia?Nel dubbio, poiché ormai ogni battuta sul Gf è stata lanciata e digerita, vorremmo intrattenervi in una brevissima fenomenologia del Gf, al termine della quale emergerà in modo solare come il suo sia un falso modello comunitario, l’esatto opposto di quello cristiano.In effetti nella casa del Gf viene composta una "comunità", quest’anno 16 giovanotti con una schiera di panchinari che nobilmente gufano per soffiare il posto a qualche prescelto. "Fratelli" e "sorelle" sono invitati a costruire relazioni, dialogare, cooperare per migliorare il clima e compiere insieme qualche piccola impresa: proprio come in una comunità. Nello stesso tempo, però, sono invitati alla delazione, a stilare liste di proscrizione, insomma a far fuori gli "indegni". Ogni volta che un "fratello" viene escluso, gli altri piangono, perfino si disperano. Insomma, la comunità del Gf è stata costruita affinché si smembri e alla fine rimanga "in vita" un solo individuo; i "fratelli" sono invitati a cooperare ma innanzitutto a concorrere, ad amarsi ma in realtà a odiarsi, e la cosa è chiara fin dall’inizio: chi si candida sa perfettamente qual è lo scopo del gioco, restare soli sul palcoscenico. Il Gf è la metafora perfetta della consumerist society, la "comunità" fasulla dove ogni rito collettivo è compiuto da individui in concorrenza tra loro, condannati alla solitudine, legati da legami friabili e fuggevoli.

La comunità dei cristiani è l’esatto opposto. Nasce per includere, non per escludere; le porte sono aperte a tutti, non chiuse; la cooperazione è reale, non finta; la concorrenza è innanzitutto con se stessi, per migliorarsi, mai per danneggiare gli altri; i suoi legami vogliono essere solidi, non liquidi. E lo scopo finale è di fare del mondo intero un’unica grande famiglia, una gigantesca fratellanza: l’esatto contrario del Gf.Il Gf costituisce un modello intrinsecamente sbagliato non tanto né solo per le volgarità, le sciocchezze, l’ignoranza, l’impalpabile nulla di cui è fatto; ma innanzitutto per la sua struttura, per la sua – ma sì, diciamolo – ideologia. Non ci illudiamo che le nostre parole siano lette o suscitino reazioni presso i partecipanti e i loro mandanti. Ma, se davvero un don vi andrà a celebrarvi la liturgia del Natale, almeno lui sappia dove va. E dica la parola giusta al momento giusto: sarà in diretta, non potranno staccargli la spina.
Umberto Folena

lunedì 19 ottobre 2009

forte richiamo all’impegno di annunciare e testimoniare



BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San PietroDomenica, 18 ottobre 2009
[Video]

Cari fratelli e sorelle!
Oggi, terza domenica di ottobre, si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, che costituisce per ogni comunità ecclesiale e per ciascun cristiano un forte richiamo all’impegno di annunciare e testimoniare il Vangelo a tutti, in particolare a quanti ancora non lo conoscono. Nel Messaggio, che ho scritto per questa occasione, mi sono ispirato a un’espressione del Libro dell’Apocalisse, che a sua volta riecheggia una profezia di Isaia: “Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21,24). La luce di cui qui si parla è quella di Dio, rivelata dal Messia e riflessa sul volto della Chiesa, rappresentata come la nuova Gerusalemme, città meravigliosa dove risplende in pienezza la gloria di Dio. E’ la luce del Vangelo, che orienta il cammino dei popoli e li guida verso la realizzazione di una grande famiglia, nella giustizia e nella pace, sotto la paternità dell’unico Dio buono e misericordioso. La Chiesa esiste per annunciare questo messaggio di speranza all’intera umanità, che nel nostro tempo “conosce stupende conquiste, ma sembra aver smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza” (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 2).
Nel mese di ottobre, specialmente in questa Domenica, la Chiesa universale pone in rilievo la propria vocazione missionaria. Guidata dallo Spirito Santo, essa sa di essere chiamata a proseguire l’opera di Gesù stesso annunciando il Vangelo del Regno di Dio, che “è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17). Questo Regno è già presente nel mondo come forza di amore, di libertà, di solidarietà, di rispetto della dignità di ogni uomo, e la Comunità ecclesiale sente premere nel cuore l’urgenza di lavorare, affinché la sovranità di Cristo si realizzi pienamente. Tutte le sue membra ed articolazioni cooperano a tale progetto, secondo i diversi stati di vita e i carismi. In questa Giornata Missionaria Mondiale voglio ricordare i missionari e le missionarie - sacerdoti, religiosi, religiose e laici volontari - che consacrano la loro esistenza a portare il Vangelo nel mondo, affrontando anche disagi e difficoltà e talvolta persino vere e proprie persecuzioni. Penso, tra gli altri, a don Ruggero Ruvoletto, sacerdote fidei donum, recentemente ucciso in Brasile, al Padre Michael Sinnott, religioso, sequestrato pochi giorni fa nelle Filippine. E come non pensare a quanto sta emergendo dal Sinodo dei Vescovi per l’Africa in termini di estremo sacrificio e di amore a Cristo e alla sua Chiesa? Ringrazio le Pontificie Opere Missionarie, per il prezioso servizio che rendono all’animazione e alla formazione missionaria. Invito inoltre tutti i cristiani a un gesto di condivisione materiale e spirituale per aiutare le giovani Chiese dei Paesi più poveri.
Cari amici, quest’oggi, 18 ottobre, è anche la festa di san Luca evangelista che, oltre al Vangelo, ha scritto gli Atti degli Apostoli, per narrare l’espandersi del messaggio cristiano fino ai confini del mondo allora conosciuto. Invochiamo la sua intercessione, insieme con quella di san Francesco Saverio e di santa Teresa di Gesù Bambino, patroni delle missioni, e della Vergine Maria, affinché la Chiesa possa continuare a diffondere la luce di Cristo tra tutti i popoli. Vi chiedo, inoltre, di pregare per l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che in queste settimane si sta svolgendo qui, in Vaticano.
Dopo l'Angelus
L’Angélus me donne la joie de vous saluer, chers pèlerins francophones. Nous célébrons aujourd’hui la Journée Mondiale des Missions. Le Christ dans l’Évangile nous redit que le Fils de l’homme est venu pour servir. Notre fidélité au Christ ne doit pas nous conduire à rechercher les honneurs, la notoriété, la célébrité, mais elle nous convie à comprendre et à faire comprendre que la vraie grandeur se trouve dans le service et dans l’amour du prochain! Au cœur du Synode pour l’Afrique, invoquons la Vierge Marie, Notre-Dame d’Afrique, pour qu’il porte des fruits abondants! Que Dieu vous bénisse! Bon dimanche!
I extend a cordial welcome to all the English-speaking pilgrims present for this Angelus. Today’s liturgy reminds us that Jesus, fully sharing in our humanity, sympathises with our weakness and understands our struggle against temptation. On this World Mission Sunday, let us turn to him in prayer and approach his throne of grace, so that we may receive his mercy and proclaim the Gospel of Love throughout the world!
Mit Freude heiße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen. Der heutige Weltmissionssonntag erinnert uns daran, daß die Mission die Grundlage für das Leben der Kirche ist. In Treue gegenüber dem Sendungsauftrag des Herrn ist für uns die Verkündigung seiner Frohbotschaft vorrangig und unaufschiebbar. Es liegt an uns getauften und gefirmten Christen, den Völkern der Erde und den Menschen um uns heute Jesus Christus, das Heil der Welt, nahezubringen, der Frieden, Einheit, Versöhnung und neues Leben schenkt. Bitten wir den Heiligen Geist, daß er in uns die Leidenschaft, den Mut und Elan zur Verkündigung des Evangeliums neu entfache. Gott segne euch alle.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la Hermandad del Señor de los Milagros, de Roma, a los miembros de la Hermandad de la Virgen de la Amargura, de Lorca, y al grupo de jóvenes españoles y latinoamericanos que trabajan pastoralmente en la defensa de la vida. En este domingo, la Iglesia celebra la Jornada Mundial de las Misiones. Os invito a todos a orar por tantos sacerdotes, religiosos y laicos, que han entregado su vida a la evangelización de los pueblos. Encomiendo a la protección maternal de María Santísima, que durante este mes invocamos especialmente con el título de Nuestra Señora del Rosario, a todos los misioneros del mundo, para que no les falte nunca nuestro apoyo espiritual y material en su difícil tarea apostólica. Feliz domingo!
Bracia i Siostry, Drodzy Polacy! „W jego świetle będą chodziły narody” (Ap 21,24). W duchu motta tegorocznego Światowego Dnia Misyjnego prosimy w modlitwie, by cała wspólnota ludzka została oświecona światłem Chrystusa. Niech Jego Ewangelia pomoże ludziom na wszystkich kontynentach stać się jedną wielką rodziną, by wszyscy odnaleźli w Bogu miłującego Ojca. Dziękując wam za duchową i materialną pomoc misjom, z serca wszystkim błogosławię.
[Fratelli e sorelle, cari polacchi! «Le nazioni cammineranno alla sua luce» (Ap 21,24). Nello spirito del motto della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, chiediamo nella preghiera che tutta la comunità umana sia illuminata dalla luce di Cristo. Il suo Vangelo aiuti le genti di tutti continenti a diventare una grande famiglia, affinché tutti i popoli scoprano in Dio un Padre che li ama. Ringraziandovi per l’aiuto spirituale e materiale per le missioni, a tutti voi imparto di cuore una benedizione.]
Rivolgo un cordiale saluto ai Chierici Regolari della Madre di Dio, venuti per la conclusione del IV centenario della morte del loro Fondatore, san Giovanni Leonardi. Cari fratelli, con voi ci sono anche gli alunni di tutti i Collegi di Propaganda Fide, accompagnati dal Cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, come pure i rappresentanti dei Farmacisti, dei quali san Giovanni Leonardi è Patrono. Vi esorto tutti a seguirlo sulla via della santità e ad imitare il suo zelo missionario. Accolgo con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la Comunità Cenacolo, che da tanti anni aiuta i giovani, specialmente quelli caduti nel baratro delle droghe, a ritrovare la via della vita incontrando Gesù Cristo. Saluto inoltre i partecipanti al convegno sul Motu proprio Summorum Pontificum, svoltosi in questi giorni a Roma, l’Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia, la Banda musicale “Valletiberina” e la sezione di Pontedera dell’Associazione Nazionale Carabinieri. A tutti auguro una buona domenica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 11 ottobre 2009

Attenzione al "reato di Omofobia"

Le conseguenze del cosiddetto “reato di omofobia”Martedì 6 ottobre inizierà in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati la discussione sul testo base della legge che vuole stabilire il reato di omofobia. La proposta, presentata dal Partito Democratico, a prima firma Paola Concia, prevede l’inserimento nel Codice Penale di «reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». La discussione alla Camera è prevista per il prossimo 12 ottobre. Se il reato contro l’omofobia, che l’allora premier D’Alema tentò invano di imporre nel novembre 1999, fosse varato dal governo di centro-destra, sarebbe uno scandalo e un’occasione di profonda riflessione per l’elettorato cattolico, continuamente tradito dai propri rappresentanti in nome dell’aberrante principio del “politicamente corretto”.di Roberto de MatteiÈ in discussione alla Camera la proposta di legge n. C-1658 contro l’omofobia, presentata dal Partito Democratico, a prima firma Paola Concia. La proposta prevede l’inserimento nel Codice Penale di «reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Con l’appoggio del PDL, o di settori trasversali di esso, il progetto, giacente in commissione Giustizia alla Camera dal gennaio scorso, potrebbe avere un’accelerazione e passare rapidamente all’altro ramo del Parlamento per essere trasformato in legge.
Il testo ha già avuto l’appoggio del Presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno (PDL), che, contro la consuetudine, ne ha affidato l’incarico di relatore alla stessa Concia, e quello del ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, secondo cui la linea del governo e del suo Ministero è quella di prevedere aggravanti per i reati con finalità di discriminazione sessuale.
L’iniziativa recepisce una risoluzione del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006 in cui l’omofobia è definita «una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio». Come “pregiudizio” si intende ogni giudizio morale contrario all’omosessualità e alle deviazioni in campo sessuale. Quando esso si esprime in scritti o discorsi pubblici che non pongano su un piano di assoluta eguaglianza ogni tendenza e orientamento sessuale, può essere considerato come contrario al rispetto dei diritti dell’uomo ed essere oggetto di sanzioni penali. Lo stesso principio è enunciato dall’art. 21 della Carta fondamentale dei Diritti del cittadino di Nizza, resa giuridicamente vincolante dal Trattato europeo di Lisbona.
Se questa legge passasse e fosse applicata in modo coerente, sarebbe impossibile, o quanto meno rischioso, criticare l’omosessualità e presentare la famiglia naturale come “superiore” alle unioni omosessuali. Un’istituzione ecclesiastica non potrebbe rifiutarsi di designare come suo rappresentante una persona che non faccia mistero delle sue tendenze omosessuali. Nessuno Stato, ma anche nessuna Chiesa, potrebbe rifiutare di celebrare un matrimonio di coppie dello stesso sesso. Catechismi e libri sacri che condannano l’omosessualità come peccato “contro-natura” potrebbero essere ritirati dal commercio.
Se non si conoscono ancora i futuri orientamenti del nuovo Parlamento Europeo, negli Stati Uniti, il 29 giugno 2009 il Presidente Obama ha ricevuto alla Casa Bianca circa 250 leader e attivisti delle principali organizzazioni gay, lesbiche e transgender, in occasione dei 40 anni della nascita del movimento per la difesa dei diritti omosessuali. Lo stesso Obama, in un’intervista pubblicata il 3 luglio da Avvenire, ha affermato che la comunità gay-lesbica degli Stati Uniti viene «ferita da alcuni insegnamenti della Chiesa cattolica e della dottrina cristiana in generale». La posizione di Obama sui temi cruciali di natura morale è notoriamente antitetica a quella della Chiesa e delle altre confessioni cristiane americane e il presidente americano si sforza di propagandare, anche all’estero, il suo “messianismo” sincretista. Essa è destinata ad avere ricadute anche in Italia e in Europa influenzando le decisioni dei nostri uomini politici.
Nel nostro Paese ancora non esiste il reato di “omofobia”, ma la censura sociale applicata contro chiunque manifesti il suo rifiuto per il vizio contro-natura, è violenta e immediata. L’atteggiamento di tutti coloro che professano la legge naturale, cattolici o non, è sempre più cauto e misurato nelle espressioni. Quanti sono i vescovi, o i parroci che, esercitando il loro ministero pastorale, sono disposti a ricordare che l’omosessualità è un peccato che, nelle parole del Catechismo di San Pio X, «grida vendetta al cospetto di Dio»? Quanti, tra i fautori della riscoperta dei testi scritturistici e patristici, farebbero proprie le parole di fuoco con cui la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa bollavano l’omosessualità come un’“abominio” (Levitico, 20,13)?
Il timore è quello di cadere sotto la ghigliottina del “politicamente corretto”, come accadde a Rocco Buttiglione, mancato Commissario europeo nel 2004, proprio a causa delle sue convinzioni morali in materia. Nel recente “caso Boffo”, né la stampa cattolica né quella laica o laicista, ha voluto andare a fondo sulla presunta omosessualità del direttore di Avvenire, per accusarlo o scagionarlo, perché ciò avrebbe significato ammissione del fatto che l’omosessualità è comunque una “colpa”. L’“autocensura” è palpabile, perché esiste una “lobby” omosessualista annidata ovunque e pronta, ovunque, a scatenare il linciaggio mediatico. Su Il Giornale del 3 settembre, Luigi Mascheroni ha messo in rilievo il potere di GLBT, l’acronimo utilizzato per riferirsi a gay, lesbiche, bisessuali e transessuali: «Una lobby potente e ricca. Anzi, secondo un dossier del 2006 della rivista Tempi, ricchissima: la lobby omosessuale internazionale, che ha le sue roccaforti a New York, Washington, San Francisco e Bruxelles, è sempre più influente. Riceve finanziamenti sia dalle grandi corporation americane, sia dai governi e dalle istituzioni internazionali, spesso sotto forma di donazioni a Ong o fondi per la lotta all’Aids». La potenza politico-economica dei gruppi omosessualisti, secondo Mascheroni, è tale da influenzare le istituzioni e il costume, come in Italia si tenta, non solo attraverso il ruolo di associazioni come Arcigay e Arcilesbiche, ma soprattutto grazie all’influenza esercitata da persone di orientamento omosessuale in settori chiave della società, quali le arti, la politica, lo spettacolo.
La moda, la televisione e il cinema sono gli ambiti sociali privilegiati della lobby omosessuale. All’ultimo festival di Venezia, conclusosi lo scorso 12 settembre, il tema ricorrente dei film in rassegna è stato l’omosessualità. Prima della proiezione del film, A single man di Tom Ford, che si è aggiudicato il Queer Lion attribuito dalla comunità Gay alla migliore opera omo, lesbica o trans, il presidente onorario dell’arcigay Franco Grillini e alcuni esponenti politici di sinistra hanno tenuto un sit-in contro l’omofobia. Chi volesse liquidare queste manifestazioni come episodi folkloristici, dimenticherebbe che la Rivoluzione contro la morale cristiana, negli ultimi quarant’anni, è avanzata proprio attraverso la dialettica, tra gesti simbolici e provocatori e iniziative parlamentari tese ad allargare il consenso ai tiepidi e “moderati”.
Se il reato contro l’omofobia, che l’allora premier D’Alema tentò invano di imporre nel novembre 1999, fosse varato dal governo di centro-destra, sarebbe uno scandalo e un’occasione di profonda riflessione per l’elettorato cattolico, continuamente tradito dai propri rappresentanti in nome dell’aberrante principio del “politicamente corretto”.

venerdì 9 ottobre 2009

Il primato di Cristo su tutto divenne per lui il concreto criterio di giudizio e di azione

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San PietroMercoledì, 7 ottobre 2009

San Giovanni Leonardi

“È necessario ricominciare da Cristo”, amava ripetere molto spesso

“Un poco più levate i vostri cuori a Dio e con Lui misurate le cose”.

suggeriva i criteri di un autentico rinnovamento nella Chiesa. Osservando come sia “necessario che coloro che aspirano alla riforma dei costumi degli uomini cerchino specialmente, e per prima cosa, la gloria di Dio”, aggiungeva che essi devono risplendere “per l'integrità della vita e l'eccellenza dei costumi, così, più che costringere, attireranno dolcemente alla riforma”. Osservava inoltre che “chi vuole operare una seria riforma religiosa e morale deve fare anzitutto, come un buon medico, un'attenta diagnosi dei mali che travagliano la Chiesa per poter così essere in grado di prescrivere per ciascuno di essi il rimedio più appropriato”. E notava che “il rinnovamento della Chiesa deve verificarsi parimenti nei capi e nei dipendenti, in alto e in basso. Deve cominciare da chi comanda ed estendersi ai sudditi”. Fu per questo che, mentre sollecitava il Papa a promuovere una “riforma universale della Chiesa”, si preoccupava della formazione cristiana del popolo e specialmente dei fanciulli, da educare “fin dai primi anni… nella purezza della fede cristiana e nei santi costumi”.

In quegli anni, nel passaggio culturale e sociale tra il secolo XVI e il secolo XVII, cominciarono a delinearsi le premesse della futura cultura contemporanea, caratterizzata da una indebita scissione tra fede e ragione, che ha prodotto tra i suoi effetti negativi la marginalizzazione di Dio, con l’illusione di una possibile e totale autonomia dell’uomo il quale sceglie di vivere “come se Dio non ci fosse”. E’ la crisi del pensiero moderno, che più volte ho avuto modo di evidenziare e che approda spesso in forme di relativismo. Giovanni Leonardi intuì quale fosse la vera medicina per questi mali spirituali e la sintetizzò nell’espressione: “Cristo innanzitutto”, Cristo al centro del cuore, al centro della storia e del cosmo.

“O Cristo o niente”! Ecco la sua ricetta per ogni tipo di riforma spirituale e sociale.

l’incontro vivo con Cristo si realizza nella sua Chiesa, santa ma fragile, radicata nella storia e nel suo divenire a volte oscuro, dove grano e zizzania crescono insieme (cfr Mt 13,30), ma tuttavia sempre Sacramento di salvezza

L'origine;il matrimonio;i bambini

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica VaticanaDomenica, 4 ottobre 2009 [Stralci]

.. Dall’insieme delle letture, risalta dunque in maniera evidente il primato di Dio Creatore, con la perenne validità della sua impronta originaria e la precedenza assoluta della sua signoria, quella signoria che i bambini sanno accogliere meglio degli adulti, ed è per questo che Gesù li indica a modello per entrare nel regno dei cieli (cfr Mc 10,13-15).

l’Africa rappresenta un immenso "polmone" spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo "polmone" può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista

un secondo "virus" che potrebbe colpire anche l’Africa, cioè il fondamentalismo religioso,

Il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio. La vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Nella misura in cui custodisce e sviluppa la sua fede, l’Africa potrà trovare risorse immense da donare a vantaggio della famiglia fondata sul matrimonio.


su Gesù e i bambini (Mc 10,13-15)
la Chiesa non vede in essi primariamente dei destinatari di assistenza, meno che mai di pietismo o di strumentalizzazione, ma delle persone a pieno titolo, che con il loro stesso modo di essere mostrano la via maestra per entrare nel regno di Dio, quella cioè di affidarsi senza condizioni al suo amore.

Per diventare luce del mondo e sale della terra occorre puntare sempre più alla "misura alta" della vita cristiana, cioè alla santità.

La cosa più importante, per tutti, è ascoltare: ascoltarsi gli uni gli altri e, tutti quanti, ascoltare ciò che il Signore vuole dirci


BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San PietroDomenica, 4 ottobre 2009



La cosa più importante, per tutti, è ascoltare: ascoltarsi gli uni gli altri e, tutti quanti, ascoltare ciò che il Signore vuole dirci

sabato 3 ottobre 2009

Quanto tempo ci tolgono la tv, e Internet


Dalla penna di Marina Corradi veniamo a sapere che Shomborn ad Ars per il ritiro internazionale dei preti stimola chiunque a non rinchiudersi nella solitudine virtuale...
2 Ottobre 2009
PRETI OGGI
L'incontro di mille presbiteri ad ArsSchönborn: «Siamo testimoni di misericordia»
«Siate testimoni di miseri­cordia. Gli uomini di tut­to il mondo implorano la misericordia di Dio». Con i mille sacerdoti venuti ad Ars da tutti i Pae­si in occasione del ritiro dell’anno sacerdotale, il cardinale Christoph Schönborn sceglie le parole di Gio­vanni Paolo II, pronunciate in Po­lonia nel 2002. Parole forti, quasi, dice Schönborn, «un testamento» lasciato ai sacerdoti. Parole che scuotono nella basilica di Ars que­sta schiera di preti – bianchi, neri, vietnamiti, indiani, o venuti fin qui da lontane isole del Pacifico – che nel piccolo Paese francese medita­no su «La gioia di essere preti». Un titolo controcorrente, nello scenario di crisi delle vocazioni e secolariz­zazione che il sacerdozio affronta almeno in Europa. Scenario che l’ar­civescovo di Vienna non nasconde: «Ci sono diocesi in questa Francia – dice – in cui il sacerdote più giova­ne è il vescovo». Eppure. Eppure ad Ars, nella me­moria del santo curato che dell’an­no sacerdotale è il centro, sono ben visibili un fermento e una vitalità che meravigliano l’osservatore. So­no i sei preti cinesi, giovanissimi, che ti dicono delle speranze per la loro Chiesa; sono i monaci ragazzi che la mattina presto camminano per le strade col breviario aperto in mano. Schönborn parla come a dei fratel­li. Concede anche ricordi persona­li, quasi delle confessioni. Come quando, per dire della essenzialità della preghiera, ricorda i suoi anni di giovane domenicano: «La crisi post conciliare fu per noi giovani preti, negli anni ’60, come un’onda di tsunami. Ci convincemmo che solo l’azione contava, per rinnova­re la Chiesa. Io presi troppo alla let­tera questa idea, e smisi di pregare. All’inizio mi parve un sollievo: l’Uf­ficio, prima del Concilio, era così lungo. Ma a poco a poco la vita reli­giosa mi parve perdere di senso, le cose spirituali impallidire. Dopo un anno, la mia vocazione vacillava. È stata, la crisi della preghiera, il dram­ma della mia generazione di preti. Quegli anni ora sono passati. Ma il sacerdote non deve mai perdere l’a­bitudine del pregare». «Lo so – con­tinua Schönborn – dobbiamo tutti lottare col tempo, il tempo che man­ca, e che occorre trovare nella gior­nata. Ma pensate a quanto tempo ci tolgono la tv, e Internet; e quanto vuoto interiore alla fine ci lasciano. Guardate: piuttosto che stare ore da soli su un computer, facciamo una partita a carte con gli amici. Fa mol­to bene, è un bel modo di stare in­sieme », sorride il cardinale. Stare insieme, non essere soli. È un argomento su cui Schönborn torna. Esorta i sacerdoti ad avere degli a­mici con cui condividere le fatiche. « Una sfida del sacerdozio nel XXI secolo – dice – sarà, credo, ritrovare delle forme di vita in comune, o co­munque di prossimità». Ma la solitudine non mina solo i pre­ti. A Vienna «più della metà delle persone vive sola » . E ben sembra conoscere, l’arcivescovo, la grande solitudine della sua città: piena di vecchi e con così pochi bambini. Eppure. Eppure gli uomini hanno ancora bisogno dei preti. «Non cer­cano in noi dei manager, né dei grandi predicatori. Semplicemente, cercano degli uomini di Dio. Il cu­rato d’Ars era un uomo semplice. Ma i suoi parrocchiani dicevano: ba­stava stargli accanto, per sentirsi uo­mini migliori». Già, il curato d’Ars, povero prete in un villaggio di 230 anime dopo la tempesta della Rivoluzione, All’al­ba in confessionale, per tutto il gior­no tra la gente con la sua tonaca li­sa. Testimone di misericordia. Schönborn ai mille, che ascoltano silenziosi: «Solo alla luce della mi­sericordia di Dio possiamo guarda­re in faccia la nostra miseria. Se non c’è una percezione della misericor­dia di Dio, gli uomini non soppor­tano la verità. In un mondo senza misericordia tutti tendono ad auto­giustificarsi, e ad accusare gli altri. E quando ci si accorge della nostra miseria, siamo tentati dello scorag­giamento e della disperazione». Al sacramento della misericordia, la confessione, il cardinale dedica un ampio insegnamento (ne scriviamo a parte, ndr ). Ma ai sacerdoti ricor­da ancora il cuore del loro stesso mi­nistero. «Senza l’Eucarestia, la no­stra vita di sacerdoti mancherebbe del suo centro», dice. Quel sacrifi­cio, esorta, da celebrare nel silenzio interiore. « Io stesso, lo confesso, spesso arrivo in sacrestia in ritardo, preso dai pensieri. Soffermiamoci a pregare almeno mentre vestiamo i paramenti. Come disse Gogol, «in quel momento il sacerdote indossa delle vesti, per distinguersi da se stesso». Per mostrare dunque d’es­sere, ora, « in persona Christi ». E, vi chiedo, lasciamo qualche istante di silenzio dopo la Comunione, nella Messa. Abbiamo cacciato il silenzio dalla liturgia. Quanto ne abbiamo in­vece bisogno». E Schönborn estrae un’altra immagine dai ricordi. «1961, avevo 16 anni. Andai con la parroc­chia in pellegrinaggio a san Giovan­ni Rotondo. Mi sentivo estraneo a tanta pietà popolare, mi turbava la folla che alle quattro del mattino già gridava chiamando quel frate. Poi, lo vidi celebrare la Messa. Mai vista, prima e dopo di allora, una Messa così. Ho avuto l’impressione di ve­dere la realtà del sacrificio di Cristo; come se il velo del Sacramento fos­se caduto. Poi, in sacrestia, a quel fra­te ho avuto il privilegio di baciare la mano». I mille ascoltano intensamente. Co­me un esercito rinnovato nella me­moria della sua origine, e di ciò a cui è chiamato. I giornalisti in confe­renza stampa insistono: e la crisi del­le vocazioni? E le ragioni del celiba­to? A loro Schönborn risponde: «Io credo che le vocazioni in realtà ci sia­no, e molte. Spesso non maturano a causa di un clima di indecisione che la società contagia ai giovani. Come per il matrimonio. Incontro uomini di 40 anni che entrano in seminario. Già a 20 anni lo avevano desiderato, ma nessuno li aveva aiutati a capire. Dio, credo, chiama sempre. Il pro­blema è saperlo ascoltare. Guardate poi in molti Movimenti e giovani co­munità cristiane, quante sono le vo­cazioni. Chiediamoci perché, lì, ci sono. Non facciamo come certi miei confratelli che anni fa si lamentava­no della mancanza di coraggio dei giovani, e non si rendevano conto che proprio il loro stile di vita seco­larizzato, la loro 'teologia orizzon­tale' non potevano che allontanar­li». E il celibato, Eminenza – incalza un giornalista – le ragioni del celibato? Schönborn: «Il sacerdote fa questa scelta volontariamente, in una pro­spettiva di disponibilità per Dio e per l’uomo. Sull’esempio di Cristo. Che ha scelto quella strada, donandosi interamente a Dio e alla sua missio­ne. Che questa scelta sia pos­sibile, lo vediamo nella vi­ta di molti preti». Ma, ed è ancora una con­fessione di Schönborn qui ad Ars, per i suoi preti l’ar­civescovo di Vienna pre­ga. «Ogni sera la mia ulti­ma preghiera è per loro. Poi, come naturalmente la preghiera si allarga a tutti quelli che sono in tribolazione. Penso ai carce­rati, alle donne maltrattate, ai bambini picchia­ti. Ai drogati, alle prostitute, ai di­sperati che non hanno più vo­glia di vivere. La preghiera si fa allora condivi­sione della sof­ferenza di Cristo al Getsemani. E solo immergendo il dolore degli uo­mini nell’abisso dell’amore di Cri­sto, la mia pre­ghiera della sera si fa finalmente preghiera di fidu­cia».
Marina Corradi