giovedì 24 gennaio 2013

CL: preoccupanti le dichiarazioni contenute nell'ordinanza del Gip sulla vicenda Kaleidos - Comunicati stampa

CL: preoccupanti le dichiarazioni contenute nell'ordinanza del Gip sulla vicenda Kaleidos

Comunione e Liberazione esprime forte preoccupazione dopo aver letto alcune affermazioni contenute nella ordinanza di arresto, per la vicenda degli appalti per il noleggio di auto in Lombardia, da ieri pomeriggio presente per esteso nella rete, ed anche ampiamente riportate dai mezzi di informazione.
In particolare, affermazioni quali: «Non appare affatto casuale il fatto che i rapporti (…) siano anche quelli connotati dalla comune adesione/condivisione ideologica al gruppo di CL… L'idea, che andrà approfondita in maniera attenta, è che proprio questa appartenenza sorregga atteggiamenti di mutuo sostegno che… si traducono in comportamenti che costituiscono reati… Comportamenti ben più pericolosi della banale corruzione per denaro, perché radicati su un sentire comune che non ha "prezzo"».
La considerazione che l'appartenenza a una realtà ecclesiale sarebbe di per sé foriera di comportamenti illeciti secondo un principio di causalità, ci sembra portatrice di grave pregiudizio dei principi inviolabili contenuti nel dettato costituzionale: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2).
"Il sentire comune che non ha prezzo" deve continuare ad essere la libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa e che la Costituzione riconosce.
Sarebbe stata sufficiente l'affermazione del Procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che durante la conferenza stampa di ieri, 22 gennaio 2013, ha sottolineato che le responsabilità sono "personali" e non si attribuiscono ai gruppi, come riferisce la Repubblica di oggi nell'articolo di pag. 17.


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mercoledì 16 gennaio 2013

Contante libero disobbedisce contro i limiti sulle banconote | Tempi.it

"Contante libero" contro il limite dei mille euro. «Una battaglia di libertà, ma anche per lo sviluppo economico»

Un'iniziativa nata per caso all'interno di una discussione internet in cui «ci si è resi conto che l'Italia è l'unico paese al mondo nel quale è proibito l'uso del contante per cifre non così significative a seguito di un intervento del governo Monti che ha limitato l'uso delle banconote fino a 999 euro». Le transazioni commerciali superiori a tale limite devono avvenire attraverso il sistema bancario (bancomat, carte di credito, bonifici, assegni, ecc).
Paolo Rebuffo, blogger e analista finanziario è il portavoce di "Contante Libero", un'iniziativa che chiede l'abolizione del limite imposto e che, in poco tempo, ha trovato l'interresse di molti utenti fino a raggiungere l'adesione di 90 blogger e  oltre 10 mila firme di sostegno. Domani mattina verrà presentata la proposta di abolizione della norma a Milano alle ore 11 presso l'hotel Cavalieri con un'azione di disobbedienza civile: un acquisto in contanti a 1.001 euro.

Rebuffo, quando fu introdotto il limite dei 1.000 euro, il Governo disse che fu fatto per demotivare l'evasione fiscale.

Sfatiamo un mito: più del 90 per cento dell'evasione fiscale passa per sistemi elettronici e l'abbattimento della quota sotto i 1.000 euro non ha cambiato molto nella lotta al sommerso. Semmai, ha posto delle nuove problematiche per i piccoli commercianti.

A che pro è stata introdotta tale norma?
Il vero obiettivo è dare il monopolio della moneta al sistema bancario che, come è noto, per ogni operazione applica una tariffa. La cosa che fa più sorridere è che basta uscire dai confini italiani per trovare Stati felici nell'accettare il contante: sto parlando di paesi europei come la Francia, l'Austria e la Germania dove, per quest'ultima, l'80 per cento delle transazioni avviene in contanti. Un altro elemento è che la limitazione è applicata solo per i cittadini italiani: i cittadini esteri possono comprare in contanti senza limiti. Pensi che a Milano è nata la figura del personale shopper: alcuni marocchini spendono il denaro contante per cittadini italiani e si fanno pure rimborsare l'iva nel loro paese. Queste sono le storture di quando lo Stato vuole fare qualcosa che i cittadini non vogliono.

A che cosa punta la vostra battaglia?.
La nostra è una battaglia di libertà, ma che aiuta anche lo sviluppo economico. Una norma così va a favorire la grande distribuzione rispetto alla piccola. Segnalo anche un altro  problema che riguarda coloro che, detenendo del contante, cercheranno di spenderlo in mercati sommersi. Tengo a precisare che "Contante libero" non è contro il denaro elettronico, ma riteniamo che debba essere lasciata ai cittadini la libertà di scelta del mezzo di pagamento. In molti casi il denaro elettronico è conveniente. Poi c'è anche un pensiero rivolto a coloro che hanno un debito insoluto con le banche o un assegno in protesto. Con la crisi situazioni del genere non sono poche e questi soggetti non hanno un conto corrente e figurarsi carte di credito o quant'altro. Devono morire perché hanno un debito con la banca? Dobbiamo diventare schiavi delle banche?

La politica come reagisce?
Nel programma del Pd e di Sel c'è la volontà di abbassare ulteriormente questa soglia a 300 euro. Siamo sotto elezione e uno dei nostri scopi è rendere pubblica la posizione dei partiti su questo tema, togliendo dal campo la scusa sull'evasione fiscale o il discorso sulle mafie. Questa è un'altra balla perché spostare un miliardo di euro con un clic e più facile che con una valigetta: non mi sembra che le mafie con questa riduzione del contante abbiano diminuito i loro affari. Abbiamo raccolto 10 mila firme e arriveremo intorno al 24 di febbraio a triplicare, e forse faremo dimeglio. Manderemo una e-mail a ciascun dei nostri firmatari, specificando la posizione a riguardo del contante per ogni partito.
@giardser


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Cl, lettera a Tempi sulla politica | Tempi.it



Cl scrive a Tempi a proposito della sua Nota sulla situazione politica

Anticipiamo una lettera di Andrea Simoncini, del Consiglio di Presidenza di Comunione e Liberazione, che apparirà sul prossimo numero del settimanale, in edicola da giovedì.

Caro Direttore,

la lettera di Antonio Simone a proposito della Nota di CL sulla situazione politica, pubblicata sull'ultimo numero di Tempi (n. 2, 16 gennaio 2013, p. 11), mi ha suggerito l'urgenza di alcune precisazioni che ti sottopongo.

Innanzitutto, qual è il motivo per cui abbiamo scritto quella Nota? Lo dichiariamo nelle prime righe: i mezzi d'informazione continuano irrimediabilmente a etichettare vari personaggi come "politici di CL" e, visto che alcuni di loro stanno manifestando opzioni politiche diverse, questo fatto dimostrerebbe una divisione interna al Movimento. Per questo già il titolo della lettera di Simone − «Lettera ai ciellini candidati…» − pone i presupposti per il rinnovarsi dell'ambiguità che la Nota intendeva contestare.

L'interrogativo a cui risponde la Nota è: è vero che oggi CL è spaccata perché alcune persone che provengono dal movimento si stanno schierando su fronti politici diversi? La nostra risposta – molto chiara e non equivocabile – è: no. E la ragione è perché «l'unità del movimento non è una omologazione politica, tanto meno si può identificare con uno schieramento partitico, ma è legata all'esperienza originale di CL (e in questo viene prima di qualunque opinione o calcolo pur legittimo)».

Una divisione, come ogni ferita, non può che generare dolore, ma di quale divisione stiamo parlando? Di quale non unità? Quella di non militare tutti nello stesso schieramento o di non suggerire di votare tutti lo stesso partito?

Quello che emerge chiaramente nella nota di CL − e anche nelle frasi di don Giussani riportate nella lettera di Simone − è che l'unità per noi è un dato di partenza, che va riconosciuto ed espresso con chiarezza. Ed è sull'attaccamento a questo dato di partenza che si misura la tensione all'unità di ciascuno, prima di qualsiasi altra considerazione sulle conseguenze, anche politiche. Tanto che da questo nasce l'impeto per un giudizio comune e condiviso, e anche il rammarico se le circostanze storiche non lo consentono. Sarebbe negare tutta la nostra storia (personale e comunitaria), se dal fatto che non facciamo la stessa cosa, in politica come in ogni altro aspetto della vita, si desumesse che il Movimento non c'è più o è diviso.

La forza della fede è nella capacità di intervenire su tutti gli aspetti dell'esperienza umana; e perciò, poiché è proprio la fede il fattore determinante della nostra unità, anche quando possiamo pensarla diversamente su questioni contingenti, siamo tutti tesi a imparare l'uno dall'altro, senza accusare o pretendere niente. Scopo di CL è proprio l'educazione della persona, la costruzione di un soggetto umano in grado di testimoniare la ragionevolezza della fede, cioè di giudicare.

Questo introduce anche l'altro punto della lettera che potrebbe essere fonte di equivoci, cioè la conclusione richiamata nel suo titolo: «… in attesa di giudizio comune». Ma è proprio questo il punto qualificante della Nota: il "giudizio comune" sono esattamente i punti 1 e 2 della Nota di CL, quando si dice che «il primo livello di incidenza politica di una comunità cristiana viva è la sua stessa esistenza, in quanto essa implica uno spazio e delle possibilità espressive» e che, secondo, «per la profonda esperienza fraterna che in essa si sviluppa la comunità cristiana non può non tendere ad avere una sua idea ed un suo metodo di affronto dei problemi sia pratici che teorici da offrire come sua specifica collaborazione a tutto il resto della società». Che la comunità cristiana in quanto tale sia il primo soggetto politico per un cristiano è il punto che viene sistematicamente eluso in qualsiasi contesto, delegando a individui o gruppi la propria rappresentatività nelle istituzioni.

Se non si comprende questo, si equivoca anche il richiamo giussaniano a quella «irrevocabile distanza critica» di CL dai tentativi di chi sceglie di impegnarsi in questo o quell'aspetto del reale.

Simone afferma che la ragione di questa distanza sarebbe la protezione della Chiesa (o del Movimento) da possibili ricadute su di essa degli errori dei singoli. E questo è giusto, ma c'è una seconda preoccupazione che impone questa distanza critica: ed è la stima e la difesa della libertà del singolo, un'affermazione positiva della sua possibilità di crescere rischiando e anche sbagliando.

Pertanto, per quanto riguarda CL, il giudizio comune c'è già: è l'esperienza presente (!) della comunità cristiana, come offerta continua di criteri con cui paragonarsi e come possibilità di condividere la vita per crescere, nell'immanenza ad essa, come soggetti in grado di testimoniare ovunque − anche in politica − la diversità umana che nasce dalla fede.

Grazie dell'ospitalità.

Andrea Simoncini, Consiglio di Presidenza di CL

«Io non ho mai scritto di non unità in Cl che invece è il motivo dominante degli articoli dei giornali per esorcizzare la vera natura del movimento. Il "giudizio comune" in conclusione del testo era una richiesta ai candidati, come la lettera, perché, oltre al rammarico per non essere insieme, esprimessero in qualche modo la loro "esperienza originale" vissuta in Cl». Questo è Antonio Simone. Per quanto mi riguarda, caro Andrea e cari amici del Consiglio di CL, non ho nulla da aggiungere se non i miei personali ringraziamenti per l'occasione di "disambiguazione" e approfondimento di una posizione.
Luigi Amicone 


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domenica 13 gennaio 2013

Il battesimo di Gesù è immergersi nell'acqua con Gesù per essere infiammati dallo spirito Santo che proviene da Dio. Gli esercizi di comunione e liberazione universitari a pagina 58 esprimono così il concetto :"è il desiderio di partecipare alla vita di quella persona della quale ti è portato qualcosa d'Altro."

Festa del Battesimo del Signore, 13 gennaio 2013 - Omelia di Benedetto XVI

Questo abbassamento?  questo immergersi per rinascere dall'alto è importante!
Si rinasce ogni giorno , adesso abbassando ogni giorno!!
Attraverso la preghiera, i sacramenti , l'amore.

Dall' Angelus
"proprio a mano a mano che si procede nel cammino della fede, si comprende come Gesù eserciti su di noi l'azione liberante dell'amore di Dio, che ci fa uscire dal nostro egoismo, dall'essere ripiegati su noi stessi, per condurci ad una vita piena, in comunione con Dio e aperta agli altri"

Festa del Battesimo del Signore, 13 gennaio 2013 - Omelia di Benedetto XVI

(Video)

 

Cari fratelli e sorelle!

La letizia scaturita dalla celebrazione del Santo Natale trova oggi compimento nella festa del Battesimo del Signore. A questa gioia viene ad aggiungersi un ulteriore motivo per noi che siamo qui riuniti: nel sacramento del Battesimo che tra poco amministrerò a questi neonati si manifesta infatti la presenza viva e operante dello Spirito Santo che, arricchendo la Chiesa di nuovi figli, la vivifica e la fa crescere, e di questo non possiamo non gioire. Desidero rivolgere uno speciale saluto a voi, cari genitori, padrini e madrine, che oggi testimoniate la vostra fede chiedendo il Battesimo per questi bambini, perché siano generati alla vita nuova in Cristo ed entrino a far parte della comunità dei credenti.

Il racconto evangelico del battesimo di Gesù, che oggi abbiamo ascoltato secondo la redazione di san Luca, mostra la via di abbassamento e di umiltà, che il Figlio di Dio ha scelto liberamente per aderire al disegno del Padre, per essere obbediente alla sua volontà di amore verso l'uomo in tutto, fino al sacrificio sulla croce. Diventato ormai adulto, Gesù dà inizio al suo ministero pubblico recandosi al fiume Giordano per ricevere da Giovanni un battesimo di penitenza e di conversione. Avviene quello che ai nostri occhi potrebbe apparire paradossale. Gesù ha bisogno di penitenza e di conversione? Certamente no. Eppure proprio Colui che è senza peccato si pone tra i peccatori per farsi battezzare, per compiere questo gesto di penitenza; il Santo di Dio si unisce a quanti si riconoscono bisognosi di perdono e chiedono a Dio il dono della conversione, cioè la grazia di tornare a Lui con tutto il cuore, per essere totalmente suoi. Gesù vuole mettersi dalla parte dei peccatori, facendosi solidale con essi, esprimendo la vicinanza di Dio. Gesù si mostra solidale con noi, con la nostra fatica di convertirci, di lasciare i nostri egoismi, di staccarci dai nostri peccati, per dirci che se lo accettiamo nella nostra vita Egli è capace di risollevarci e condurci all'altezza di Dio Padre. E questa solidarietà di Gesù non è, per così dire, un semplice esercizio della mente e della volontà. Gesù si è immerso realmente nella nostra condizione umana, l'ha vissuta fino in fondo, fuorché nel peccato, ed è in grado di comprenderne la debolezza e la fragilità. Per questo Egli si muove a compassione, sceglie di "patire con" gli uomini, di farsi penitente assieme a noi. Questa è l'opera di Dio che Gesù vuole compiere: la missione divina di curare chi è ferito e medicare chi è ammalato, di prendere su di sé il peccato del mondo.

Che cosa avviene al momento in cui Gesù si fa battezzare da Giovanni? Di fronte a questo atto di amore umile da parte del Figlio di Dio, si aprono i cieli e si manifesta visibilmente lo Spirito Santo sotto forma di colomba, mentre una voce dall'alto esprime il compiacimento del Padre, che riconosce il Figlio unigenito, l'Amato. Si tratta di una vera manifestazione della Santissima Trinità, che dà testimonianza della divinità di Gesù, del suo essere il Messia promesso, Colui che Dio ha mandato a liberare il suo popolo, perché sia salvato (cfr Is 40,2). Si realizza così la profezia di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: il Signore Dio viene con potenza per distruggere le opere del peccato e il suo braccio esercita il dominio per disarmare il Maligno; ma teniamo presente che questo braccio è il braccio esteso sulla croce e che la potenza di Cristo è la potenza di Colui che soffre per noi: questo è il potere di Dio, diverso dal potere del mondo; così viene Dio con potenza per distruggere il peccato. Davvero Gesù agisce come il Pastore buono che pasce il gregge e lo raduna, perché non sia disperso (cfr Is 40,10-11), ed offre la sua stessa vita perché abbia vita. E' per la sua morte redentrice che l'uomo è liberato dal dominio del peccato ed è riconciliato col Padre; è per la sua risurrezione che l'uomo è salvato dalla morte eterna ed è reso vittorioso sul Maligno.

Cari fratelli e sorelle, che cosa avviene nel Battesimo che tra poco amministrerò ai vostri bambini? Avviene proprio questo: verranno uniti in modo profondo e per sempre con Gesù, immersi nel mistero di questa sua potenza, di questo suo potere, cioè nel mistero della sua morte, che è fonte di vita, per partecipare alla sua risurrezione, per rinascere ad una vita nuova. Ecco il prodigio che oggi si ripete anche per i vostri bambini: ricevendo il Battesimo essi rinascono come figli di Dio, partecipi della relazione filiale che Gesù ha con il Padre, capaci di rivolgersi a Dio chiamandolo con piena confidenza e fiducia: "Abbà, Padre". Anche sui vostri bambini il cielo è aperto, e Dio dice: questi sono i miei figli, figli del mio compiacimento. Inseriti in questa relazione e liberati dal peccato originale, essi diventano membra vive dell'unico corpo che è la Chiesa e sono messi in grado di vivere in pienezza la loro vocazione alla santità, così da poter ereditare la vita eterna, ottenutaci dalla risurrezione di Gesù.

Cari genitori, nel domandare il Battesimo per i vostri bambini, voi manifestate e testimoniate la vostra fede, la gioia di essere cristiani e di appartenere alla Chiesa. È la gioia che scaturisce dalla consapevolezza di avere ricevuto un grande dono da Dio, la fede appunto, un dono che nessuno di noi ha potuto meritare, ma che ci è stato dato gratuitamente e al quale abbiamo risposto con il nostro "sì". È la gioia di riconoscerci figli di Dio, di scoprirci affidati alle sue mani, di sentirci accolti in un abbraccio d'amore, allo stesso modo in cui una mamma sostiene ed abbraccia il suo bambino. Questa gioia, che orienta il cammino di ogni cristiano, si fonda su un rapporto personale con Gesù, un rapporto che orienta l'intera esistenza umana. È Lui infatti il senso della nostra vita, Colui sul quale vale la pena di tenere fisso lo sguardo, per essere illuminati dalla sua Verità e poter vivere in pienezza. Il cammino della fede che oggi comincia per questi bambini si fonda perciò su una certezza, sull'esperienza che non vi è niente di più grande che conoscere Cristo e comunicare agli altri l'amicizia con Lui; solo in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana e possiamo sperimentare ciò che è bello e ciò che libera (cfr Omelia nella S. Messa per l'inizio del pontificato, 24 aprile 2005). Chi ha fatto questa esperienza non è disposto a rinunciare alla propria fede per nulla al mondo.

A voi, cari padrini e madrine, l'importante compito di sostenere e aiutare l'opera educativa dei genitori, affiancandoli nella trasmissione delle verità della fede e nella testimonianza dei valori del Vangelo, nel far crescere questi bambini in un'amicizia sempre più profonda con il Signore. Sappiate sempre offrire loro il vostro buon esempio, attraverso l'esercizio delle virtù cristiane. Non è facile manifestare apertamente e senza compromessi ciò in cui si crede, specie nel contesto in cui viviamo, di fronte ad una società che considera spesso fuori moda e fuori tempo coloro che vivono della fede in Gesù. Sull'onda di questa mentalità, vi può essere anche tra i cristiani il rischio di intendere il rapporto con Gesù come limitante, come qualcosa che mortifica la propria realizzazione personale; «Dio viene visto come il limite della nostra libertà, un limite da eliminare affinché l'uomo possa essere totalmente se stesso» (L'infanzia di Gesù, 101). Ma non è così! Questa visione mostra di non avere capito nulla del rapporto con Dio, perché proprio a mano a mano che si procede nel cammino della fede, si comprende come Gesù eserciti su di noi l'azione liberante dell'amore di Dio, che ci fa uscire dal nostro egoismo, dall'essere ripiegati su noi stessi, per condurci ad una vita piena, in comunione con Dio e aperta agli altri. «"Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui" (1 Gv 4,16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino» (Enc. Deus caritas est, 1).

L'acqua con la quale questi bambini saranno segnati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, li immergerà in quella "fonte" di vita che è Dio stesso e che li renderà suoi veri figli. E il seme delle virtù teologali, infuse da Dio, la fede, la speranza e la carità, seme che oggi è posto nel loro cuore per la potenza dello Spirito Santo, dovrà essere alimentato sempre dalla Parola di Dio e dai Sacramenti, così che queste virtù del cristiano possano crescere e giungere a piena maturazione, sino a fare di ciascuno di loro un vero testimone del Signore. Mentre invochiamo su questi piccoli l'effusione dello Spirito Santo, li affidiamo alla protezione della Vergine Santa; lei li custodisca sempre con la sua materna presenza e li accompagni in ogni momento della loro vita. Amen.

 

 

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

 



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sabato 12 gennaio 2013

Lettera ai ciellini candidati in attesa di giudizio comune | Tempi.it

Lettera ai ciellini candidati in attesa di giudizio comune

Anticipiamo dal prossimo numero del settimanale Tempi, in uscita domani, un articolo di Antonio Simone.

Ancora giovane studente universitario, fui mandato, nei favolosi e difficili anni Settanta, a rappresentare gli universitari di Comunione e Liberazione in un incontro organizzato a Roma dalle autorità ecclesiastiche, per discutere delle elezioni universitarie e del comportamento da tenere come cristiani. All'incontro intervenne l'allora rettore dell'Università Cattolica, professor Giuseppe Lazzati, sostenendo che ciò che contava era l'unità tra cattolici dentro la Chiesa (criticando certe libertà che i movimenti stavano esercitando), mentre non era necessario impegnarsi per delle liste comuni nelle imminenti elezioni universitarie. Quando fu il mio turno mi permisi di contestare questa visione della presenza dei cristiani nella società.
Ricordo che difesi l'unità della Chiesa dentro la valorizzazione di tutte le esperienze che nascono e sono riconosciute come dono dello Spirito dentro carismi particolari tutti tesi alla vita dell'avvenimento cristiano, mentre era doloroso constatare come si ritenesse ininfluente l'unità nell'agone politico e della società quando occorreva fare delle scelte con valore sociale e civile.
L'insegnamento di don Giussani e la sua insistenza sul brano del Vangelo di Giovanni 17, l'ultima preghiera di Gesù («Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola… perché il mondo creda che tu mi hai mandato»), mi ha sempre portato a sentire come dolorosa la divisione, in tutti gli ambiti, soprattutto davanti al mondo, nell'impegno politico e civile.
È doloroso se quel segno di unità non è possibile. Bisogna dirlo. Ecco, cari amici che per tanti anni avete condiviso con me la presenza in politica, ciò che non avete detto nelle interviste in reazione al comunicato di Comunione e Liberazione circa la responsabilità personale delle scelte politiche. Prima sta il dolore della non unità, poi la responsabilità personale, che per altro è di per sé ovvia rispetto a ogni singolo atto dell'individuo nel contesto civile. Solo chi vuole male alla Chiesa cerca di far ricadere su di essa gli errori o i reati dei singoli. E difatti questo è il sistema che usano i giornali e i potenti di turno per censurare la vita della Chiesa. Ma anche io, per evitare fraintendimenti, mi rifaccio ad alcuni brani di don Giussani ripresi da alcune interviste:

Come giudica le divergenze tra cattolici che si manifestano sul terreno sociale o politico?
«Idealmente noi dobbiamo tendere all'unità anche in politica, perché i cristiani debbono tendere all'unità in tutto, dato che sono un corpo solo. Perciò è un dolore non trovarsi dello stesso parere, non un diritto conclamato sconsideratamente. È dolorosa, anche se tante volte inevitabile, la diversità, e bisogna essere tutti tesi a scoprire il perché il fratello la pensa diversamente e comunicargli nel modo migliore i motivi della propria convinzione, nella ricerca dell'unità».
Per molti invece il pluralismo è un valore in sé…
«È esattamente questo che noi combattiamo. Il Sinodo, parlando dei cristiani, non ha usato la parola "pluralismo", ma "multiformità": multiformità è, per esempio, la presenza nella Chiesa del movimento dei Focolari, dell'Azione Cattolica, di Cl, che sono diverse modalità di sperimentare la stessa cosa che è il fatto cristiano; così fra loro c'è un'affinità, una parentela profonda. Uno è contento di vedere che l'altro ha una fantasia diversa dalla propria…» (Luigi Giussani, L'io, il potere, le opere, Marietti).

E poi nella bella intervista di Renato Farina per il Sabato nel 1992:

Ruini lo hanno attaccato tutti…
«È un fatto gravissimo. Mai il Corriere della Sera si era permesso di trattare oltraggiosamente in prima pagina il leader dei vescovi italiani. Ho in mente quel titolo: "Cardinale, lasci stare". Quasi un ordine insolente a un servo. Ruini difende l'incarnazione, il centro dell'esperienza cristiana, oggi minacciato più che mai. È tanto semplice: Cristo con il battesimo ti assume, così che siamo membra gli uni degli altri. È una cosa dell'altro mondo, ma questa è l'unità cristiana. Se tutti siamo una cosa sola non possiamo non cercare di esprimerci concordemente. E perciò ci raduniamo in azione unitaria. Se uno non se la sente o non ci fossero le condizioni, è un dolore non poterlo fare, non un diritto da sbandierare! C'è un altro criterio che viene oltraggiato, ed è invece così umano: l'obbedienza. È il criterio supremo dell'azione cristiana. Il criterio della verità è ultimamente fuori di noi – e questo fa imbestialire i nemici del cristianesimo. Sì: obbediamo! Ci toglie dalla balìa del potere che occupa e dirige le coscienze illudendole della loro autonomia e invece, credendo di essere liberi, obbediscono a uomini. L'obbedienza cristiana pesca nel mistero. E invece chi si dipinge come autonomo obbedisce a quella ridicola menzogna che ha come criterio di base la valutazione morale dell'altra persona. Una cosa atroce, disumana».
Concludendo: guerra?
«Pace! Pace! Nella tormenta, anche nella guerra, ma la pace. Chi ha avuto la grazia di partecipare dell'esperienza cristiana lo sa bene. Non esiste nulla di paragonabile a questa amicizia nel destino. Non ci fa paura nulla. Nemmeno la crisi della Chiesa. Il cardinal Giacomo Biffi mi raccontava una sua scoperta che non mi ha trovato – devo dirlo – impreparato. E cioè che il cristianesimo non è una religione ma un evento: incarnazione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. E Biffi diceva: un evento non può andare in crisi: c'è. E questo fatto, vorrei dire, ci obbliga a essere magnanimi. Kafka dice: «Anche se la salvezza non viene, voglio però esserne degno a ogni momento». Un santo dice così. Siamo stati scelti solo per questo, per la missione. Che questa salvezza, che è la persona di Cristo, possa essere incontrata» (ibidem). 

Ecco, cari amici di Cl impegnati in politica, come si arriva all'"irrevocabile distanza critica" che a ben vedere è espressa nel prosieguo del testo giussaniano riportato nel comunicato del movimento, che mi permetto ricordavi:

«Guai a noi se ripetessimo l'errore fatto nel 1948, quando alla Democrazia cristiana venne in pratica irrevocabilmente delegata la gestione della presenza politica dei cattolici, ponendo così la premessa di una delle principali cause del suo successivo declino e sgretolamento politico e morale. C'è fra noi tutti in quanto Cl, ed i nostri amici impegnati nel Movimento Popolare e nella Dc, una irrevocabile distanza critica. Per essere riconosciuti, per essere oggetto dell'attiva simpatia cui prima ho accennato, e per venire più facilmente seguiti dai singoli membri delle nostre comunità, essi devono parteciparne e accettare continuamente che le loro scelte siano sottoposte al giudizio comune, che emerge dalla vita della comunità, dai suoi bisogni e dai criteri che in essa si affermano e trovano verifica. Ed a questa distanza critica noi non rinunceremo mai» (Luigi Giussani, Il movimento di Comunione e Liberazione. Conversazioni con Robi Ronza, Jaca Book). 

Così, in amicizia, in attesa del "giudizio comune".


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sabato 5 gennaio 2013

Roccella a Riccardi: I principi non negoziabili urgenti | Tempi.it

Anche noi del Fedele Laico crediamo come Roccella che i principi non negoziabili sono all'origine di ogni scelta poliitica e sappiamo chi Lia ha difesi esplicitamente!

«I principi non negoziabili non sono un'urgenza?». Roccella replica a Riccardi

In una nota la deputata del Pdl Eugenia Roccella ha scritto che «l'amico Andrea Riccardi ribadisce che i principi non negoziabili, benché importanti, non sono un'urgenza, e ritiene che prendere posizione su questi temi comporti il rischio di "ideologizzare" l'agenda Monti. Ma rendere espliciti i concetti di vita, di persona, di famiglia su cui si baseranno le proprie politiche è solo un indispensabile elemento di chiarezza e onestà nei confronti dei cittadini chiamati a votare. Inoltre ritenere "non urgenti" le questioni di biopolitica vuol dire non aver capito di cosa si tratta».

«Lo stesso governo Monti – prosegue rocella – ha dovuto affrontare, nel proprio brevissimo arco di vita, alcuni problemi, e non ha potuto schivarli tutti, pur essendo un governo tecnico, nato con una missione limitata. Penso per esempio alla sentenza europea sulla legge 40, una legge che Monti ha scelto di difendere: avrebbe potuto fare lo stesso in un'alleanza con Bersani? Le scelte antropologiche si intrecciano quotidianamente, nell'azione di governo, con quelle economiche e sociali, e evitare di prendere posizione vuol dire solo mantenere la vecchia politica delle mani libere, impedendo agli elettori di scegliere con consapevolezza».

La stessa parlamentare, commentando una lettera di Renato Schifani ad Avvenire ha detto che il del presidente del Senato ha fatto bene a ricordare «come la nostra maggioranza abbia tradotto i valori non negoziabili in concreta azione politica. Alla vicenda di Eluana Englaro, riportata dal presidente del Senato in tutta la drammaticità di quei giorni, vorrei aggiungere almeno alcuni altri risultati».

E qui, Roccella inizia l'elenco: «In primo luogo la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, che si è bloccata a un passo dalla conclusione parlamentare, con l'insediamento del governo tecnico, sostenuto da una nuova maggioranza; la battaglia sulla pillola abortiva RU486, che ha impedito la diffusione dell'aborto a domicilio nel nostro paese; l'applicazione delle normative europee alla procreazione assistita, che impedirà altri incidenti come quello in cui sono andati distrutti embrioni umani in un ospedale romano; la modifica delle normative sulle biobanche del precedente governo Prodi, che ha evitato la commercializzazione di parti del corpo umano, confermando invece la tradizione italiana del dono solidale; la circolare di tre ministri (Maroni, Sacconi, Fazio) che ha ribadito la non validità dei registri comunali dei testamenti biologici; il sostegno del nostro governo all'Austria, in sede europea, per difendere il divieto di quel paese alla fecondazione eterologa: un atto non dovuto, ma voluto, per sostenere anche in sede europea una precisa concezione di famiglia; il no alla legge sull'omofobia, perché il no alle discriminazioni deve essere per tutti. Sono solo alcuni dei fatti, concreti, che ricordiamo a testa alta».


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venerdì 4 gennaio 2013

il cattolico in politica di Crepaldi, seconda edizione | Tempi.it

I cattolici in politica non sanno cosa fare? Leggano il libro di monsignor Crepaldi

Di Stefano Fontana, tratto da Zenit.org - Esce la seconda edizione di un libro fortunato, che ha avuto una notevole accoglienza e ha suscitato vive discussioni: "Il Cattolico in Politica" . Questa nuova edizione (Cantagalli, Siena 2012) contiene un'ampia Introduzione e due Appendici, tra cui il corposo articolo sui principi non negoziabili pubblicato da mons. Giampaolo Crepaldi su "Il Foglio" del luglio 2011.

L'Introduzione è da considerarsi un vero e proprio saggio dedicato proprio ai principi non negoziabili. L'Autore prende in esame le principali obiezioni rivolte verso la prima edizione del libro apprese sia dalle recensioni, sia dai confronti avuti nelle numerose presentazioni pubbliche. La maggior parte delle osservazioni critiche riguardavano proprio i principi non negoziabili, vera e propria pietra di inciampo per la cultura cattolica di oggi e segno di contraddizione.

Ma perché la critica si è concentrata prevalentemente su questo punto? Mons. Crepaldi ritiene che il motivo sia dovuto al fatto che sui principi non negoziabili ci sono molti fraintendimenti e aspetti da chiarire. Il primo consiste nel non considerarli "principi" ma "valori": la vita, la famiglia, la libertà di educazione sono senz'altro grandi valori.

Ma non sono solo valori, sono principi, ossia delle luci, dei criteri, degli orientamenti. Essi indicano un'architettura della società, forniscono delle priorità, esprimono delle istanze da applicare in molti campi dell'azione politica o amministrativa. Il fatto che tali principi siano presenti o meno in un'agenda politica ha un'importanza strategica: manca o meno il giusto orientamento.

Mons. Crepaldi, senza nulla togliere al significato bioetico del tema della vita o di quello della famiglia, per esempio, fa notare che la difesa della vita o della famiglia ha un significato ampiamente sociale, che ha a che fare con la casa, il fisco, l'educazione, il welfare, le politiche giovanili e così via. Allora non sono temi particolari ma ottiche generali sullo sviluppo della società.

Il punto, spiega l'Autore, è molto importante perché coloro che si rifanno ai principi non negoziabili sono spesso accusati di non avere una visione politica di insieme, ma di fare delle singole richieste sul tema dell'aborto, del riconoscimento delle coppie omosessuali o su altre tematiche particolari.

Così non è se consideriamo i principi non negoziabili, appunto, non come singoli temi dell'agenda politica, ma orientamenti generali con ripercussioni su tutti gli aspetti della vita sociale e politica. Senza tenerli presenti, si avrà un impoverimento generale della nostra vita comunitaria.

L'Arcivescovo Crepaldi sa bene che su questi argomenti è in atto una dura battaglia di civiltà. E sa bene che il motivo oltre che politico, è anche teologico. L'importanza dei principi non negoziabili è dovuta al loro collegamento con la "natura" e in particolare con la "natura umana". Chi li nega o li sottovaluta, di fatto, apre le porte allo sgretolamento progressivo del concetto di natura umana.

Non si tratta solo di una diversa visione dell'uomo. Si tratta di impedire o permettere il rapporto con il Creatore. Per questo è un problema politico e teologico allo stesso tempo. Chi nega i principi non negoziabili alla fine vuole che non ci sia un posto per Dio nel mondo; chi li afferma e li difende lotta perché ci sia un posto per Dio nel mondo. Il confronto è ai massimi livelli.

La nuova edizione de "Il Cattolico in Politica" è, dunque, particolarmente incentrata sui principi non negoziabili, ma la cosa non deve far dimenticare l'articolata struttura del libro, che è diviso in dieci capitoli dedicati ai Principi e ad altri dieci capitoli dedicati ai Contenuti. Il linguaggio è chiaro, gli esempi sono efficaci, il tono è avvincente. Il cattolico che opera in politica può trovare qui un quadro completo per definire meglio il suo operato secondo la visione della Chiesa e quella della retta ragione.


Categorie: Politica
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Negri: «La Chiesa non ha detto di votare Monti» | Tempi.it

Negri: «La Chiesa non ha detto di votare Monti. I criteri per giudicare sono i valori non negoziabili»

«Monti va giudicato come tutti i politici per ciò che fa a difesa della vita e della famiglia e la sua sobrietà nello stile non garantisce nulla: la storia è piena di totalitarismi estremamente sobri». Così ha dichiarato in una intervista alla Stampa Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e commissario Cei per la Dottrina della Fede. «Il nostro compito non è distribuire ai partiti etichette di cattolicità ma formare le coscienze – continua – non c'è alcuna indicazione di voto da parte della Chiesa a favore di Monti».

«CONTANO I VALORI NON NEGOZIABILI». Per Negri «esprimere una valutazione o formulare una dichiarazione di stima non significa attribuire la patente di cattolico a uno schieramento. Nel messaggio per la giornata della pace, il Papa ha chiarito che i valori non negoziabili sono razionali e quindi validi anche per i non credenti, eppure ci sono partiti che escludono i temi bioetici dai loro programmi. Matrimonio uomo-donna, libertà di educazione, salvaguardia della sacralità della vita dal concepimento al suo termine naturale, sussidiarietà. Ecco il banco di prova. È qui che si valutano le forze politiche».

«LIBRI PIENI DI DITTATORI SOBRI». Il neo arcivescovo di Ferrara ha affermato che «la Chiesa non può ragionare secondo il "tu mi dai, io ti do". Non mi pare proprio l'ottica del Papa quella di appoggiare un determinato partito o candidato. Noi educhiamo i fedeli, non li telecomandiamo nell'urna. (…) Sono i principi non negoziabili gli unici criteri per giudicare candidature e programmi di governo. Non c'è traccia di temi etici nella sua [di Monti, ndr] Agenda e quindi mi chiedo come si possa parlare di appoggio della Chiesa a Monti in assenza di un suo esplicito impegno sulle questioni di fede fondamentali. In Vaticano e fuori ci sono stati interventi di autorità ecclesiastiche che però non possono essere interpretati come un sostegno aperto della Chiesa al premier. E anche l'enfasi posta sul cambiamento di stile nella vita pubblica mi sembra superficiale. I libri sono pieni di dittatori assolutamente sobri».




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giovedì 3 gennaio 2013

Nota di Comunione e Liberazione sulla situazione politica e in vista delle prossime scadenze elettorali - Comunicati stampa

Riteniamo questa nota di Cl un vero manifesto di laicità tra la Politica e la Chiesa riproponendo la cosiddetta "distanza critica".
Ricorda la questione dibattuta nella fondazione del Partito Popolare da don Sturzo tra l'essere un partito cattolico o un partito di cattolici!
Noi preferiamo la seconda cioè un aconfessionalità .

Nota di Comunione e Liberazione sulla situazione politica e in vista delle prossime scadenze elettorali

I mezzi di informazione continuano a chiamare in causa il nome di Comunione e Liberazione a proposito delle vicende politiche, paventando divisioni e contrasti all'interno del movimento sulle scelte elettorali dei prossimi mesi.

Per prima cosa, desideriamo ribadire quanto è da sempre nella natura di CL, ma che in questo momento è particolarmente evidente: l'unità del movimento non è una omologazione politica, tanto meno si identifica con uno schieramento partitico, ma è legata all'esperienza originale di CL (e in questo senso viene prima di qualunque opinione o calcolo pur legittimo): un aiuto a vivere e a testimoniare la fede come pertinente alle esigenze della vita. È con tale esperienza che ogni aderente al movimento ha la possibilità di paragonarsi, qualunque sia il suo posto nella società.

In secondo luogo, alla luce di questa preoccupazione fondamentale, l'impegno politico in senso stretto riguarda la persona e non CL in quanto tale. Per parte sua, il movimento guarda con simpatia chi, tra i suoi aderenti, decide di assumersi il rischio di un tentativo politico; e si augura che dall'educazione ricevuta, e in continuità col magistero ecclesiale, tragga continuamente i criteri ideali per impegnarsi in favore del bene comune, della libertà della Chiesa e del benessere anche materiale del Paese, assicurando con la propria presenza nelle istituzioni le condizioni di una reale democrazia, cioè una libertà espressiva e associativa delle persone e delle formazioni sociali. Si attuerebbe così l'auspicio di Benedetto XVI: «I cristiani non cercano l'egemonia politica o culturale, ma, ovunque si impegnano, sono mossi dalla certezza che Cristo è la pietra angolare di ogni costruzione umana. […] Il contributo dei cristiani è decisivo solo se l'intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione» (21 maggio 2010).

A metà degli anni Settanta, in un momento altrettanto problematico per la vita civile italiana, don Giussani formulò alcuni giudizi che possono rappresentare anche oggi un contributo per vivere da cristiani nei vari ambiti della società, fino alla politica:
1. «Il primo livello di incidenza politica di una comunità cristiana viva è la sua stessa esistenza, in quanto questa implica uno spazio e delle possibilità espressive»; essa, «per propria natura, non chiede la libertà di vita e di espressione come solitario privilegio, ma piuttosto di riconoscimento a tutti del diritto di tale libertà. Quindi, per il solo fatto di esistere, se sono autentiche, le comunità cristiane sono appunto garanti e promotrici di democrazia sostanziale». In questo senso, «la moltiplicazione e la dilatazione di comunità cristiane vitali ed autentiche non può che determinare la nascita e lo sviluppo di un movimento il cui influsso sulla società civile tende inevitabilmente ad essere di sempre maggior rilievo; l'esperienza cristiana diventa così uno dei protagonisti della vita civile, in costante dialogo e confronto con tutte le altre forze e le altre presenze di cui questa si compone».
2. «Una comunità cristiana autentica vive in costante rapporto con il resto degli uomini, di cui condivide totalmente i bisogni, ed insieme coi quali sente i problemi. Per la profonda esperienza fraterna che in essa si sviluppa, la comunità cristiana non può non tendere ad avere una sua idea ed un suo metodo d'affronto dei problemi comuni, sia pratici che teorici, da offrire come sua specifica collaborazione a tutto il resto della società in cui è situata».
3. «Quando dalla fase della sollecitazione e dell'animazione politico-culturale si giunge a quella della militanza politica vera e propria, non è più la comunità in quanto tale ad impegnarsi, ma sono le singole persone che a responsabilità propria, anche se formate dalla vita concreta della comunità medesima, si impegnano alla ricerca di strumenti ulteriori di incidenza politica sia teorici che pratici». Perciò, «non è affatto né corretto né leale l'uso, invalso su molti giornali, di definire "candidati di CL", "consiglieri comunali di CL" quei militanti del nostro movimento che si sono direttamente impegnati nelle campagne elettorali ed in genere nella militanza politica, come pure − e soprattutto − non è affatto corretto definire "leaders di CL" i dirigenti dei gruppi da essi costituiti».
Giussani concludeva, perciò, che «c'è fra noi tutti in quanto CL, ed i nostri amici impegnati nel Movimento Popolare e nella DC, un'irrevocabile distanza critica», in quanto «se non fosse così, se cioè qualsiasi realizzazione per il solo fatto di essere stata promossa da persone di CL […] diventasse meccanicamente "del movimento", l'esperienza ecclesiale finirebbe per essere strumentalizzata, e le comunità si trasformerebbero in piedistalli ed in coperture di decisioni e di rischi che invece non possono che essere personali» (L. Giussani, Il Movimento di Comunione e Liberazione. Conversazioni con Robi Ronza, Jaca Book, Milano (1976) 1986, pp. 118-121).

Questi spunti, proposti quasi quarant'anni fa da don Giussani, fondatore di CL, ci appaiono quanto mai attuali nel panorama politico italiano di questi mesi e rappresentano, pertanto, ancora il giudizio più lucido e sintetico con cui guardiamo l'evolversi delle iniziative politiche e delle proposte che da esse nasceranno nelle prossime settimane.



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